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    Categoria: politica

Anche Miro Fiammenghi lascia il Pd «Non è un addio, ma un arrivederci»

La lettera con cui l’ex consigliere regionale bersaniano spiega le ragioni della sua scelta al segretario di Cervia e del suo circolo

E insieme a Vasco Errani, come era ormai chiaro, anche Miro Fiammenghi, ex consigliere regionale ed ex segretario Ds della provincia e soprattutto persona molto vicina da sempre sia all’ex presidente della Regione che all’ex segretario nazionale del Pd Pierluigi Bersani, ufficializza l’intenzione di uscire dal Pd, ma di voler continuare a militare per «costruire una nuova sinistra riformista e di governo».

In linea appunto con Errani e Bersani elenca e cita una serie di questioni economiche da affrontare e denuncia la mancata discussione interna al partito dopo l’esito referendario che ha visto prevalere il no, per cui lui stesso ha votato. Di seguito pubblichiamo integralmente la lettera in cui Fiammenghi comunica al segretario comunale di Cervia (Mattia Missiroli) e alla sua segretaria di circolo (Federica Bosi) la decisione presa e le sue ragioni. Da notare come anche Fiammenghi, così come Errani, ci tenga a precisare che si tratta non di un addio, ma di un «arrivederci».

Cara Federica, Caro Mattia,

non avrei mai pensato fino ad un mese fa di poter scrivere questa lettera, credetemi per me è molto difficile scriverla, nonostante la mia scelta sia sofferta ma assolutamente convinta. La mano mi trema e la testa mi frulla e cerco dentro di me qualche ragione per rinviare.

Ho deciso di non rinnovare la tessera del Partito Democratico del quale sono stato fondatore insieme a centinaia di migliaia di compagni/e e amici/e, molti dei quali in questi 10 anni si sono persi per la strada, per ragioni diverse. Io per parte mia provo un dolore profondo, una sofferenza interiore che non sono in grado di descrivere, ma penso sia ciò che hanno provato e provano molti militanti ed elettori del P.D. in questo momento.

Dopo 46 anni non rinnovo la tessera, la prima volta nel ’71 alla F.G.C.I., poi a organizzazioni e partiti che sempre hanno generato qualcosa di nuovo senza perdere o dimenticare le proprie radici. Così, per me, è anche oggi, non rinnovo la tessera del PD ma continuerò ad essere militante della sinistra e perciò nel centro sinistra a Cervia e Ravenna, in Italia e in Europa.

A novembre, come sai Federica, ti ho telefonato per prenotare la tessera per i prossimi 10 anni. Sono stato molto ingenuo perché ho pensato che in ogni caso che avesse vinto il SI o avesse vinto in NO al referendum, avremmo dovuto aprire una discussione profonda circa la nostra identità, il nostro profilo, il nostro progetto politico.

Ha vinto il NO (io non ho brindato), si è aperta una fase nuova per il PD e per l’Italia, ma non si è voluto aprire nessuna discussione, come se nulla fosse successo, o meglio come se tutto sia dipeso da un banale difetto di comunicazione.

Per me non è così, dopo l’eccellente 40% preso alle Europee, via via si è incrinato il rapporto fra il PD e il paese. Qualcosa si è rotto come dimostra non solo il risultato del referendum ma anche i deludenti risultati delle varie elezioni amministrative.

Penso che il PD dovrebbe essere rifondato. Il PD avrebbe dovuto avere la forza, il coraggio ma soprattutto la consapevolezza che è necessario riscrivere il proprio manifesto fondativo approvato nel febbraio 2008, perché 10 anni dopo, tutto è cambiato.

L’Italia è un paese che soffre. La crisi non è alle nostre spalle. Soffrono i giovani, i lavoratori, le imprese, le famiglie e il sistema democratico. Il sistema bancario dopo gli anni del bengodi oggi rischia di essere un problema per imprese, famiglie e futuro.

Abbiamo privilegiato i bonus rispetto agli investimenti pubblici che soli possono essere un volano e un moltiplicatore degli investimenti privati e del lavoro. C’è bisogno di ripensare gli strumenti di protezione sociale e dei diritti e noi abbiamo inventato il jobs act che ha prodotto nuova precarietà. Cresce la povertà, anche il ceto medio si è impoverito, la ricchezza è sempre più concentrata in poche mani, ma per noi l’Italia cresce. C’è bisogno di sicurezza e accoglienza.

Le innovazioni tecnologiche producono meno lavoro, nuove povertà e ingiustizie anche perché la globalizzazione regredisce e produce riflessi autarchici e nazionalisti. In Europa crescono nuovi populismi nazionalisti, con tratti autoritari xenofobi e razzisti. Si discute dell’Europa a due velocità e non è risolto il dibattito fa chi vuole l’Europa dello sviluppo e del lavoro e chi l’Europa dell’austerità.

Trump ha vinto le elezioni negli Stati Uniti nonostante la sua dirompente e pericolosa idea autarchica, auroritaria e protezionista.

Ho pensato ingenuamente che avremmo potuto discutere di tutto questo e ho sbagliato. Ho pensato che avremmo potuto discutere per riscrivere le ragioni politiche culturali e valoriali di un moderno partito della sinistra europea, ma ho sbagliato.

Nel PD ci si può contare ma non si può discutere per scrivere insieme chi siamo e cosa vogliamo. Si vota e chi vince comanda e chi perde deve obbedire. Ma dove sta il pluralismo che produce unità con la discussione e la capacità e volontà di fare sintesi? Dov’è la comunità di donne e uomini?

Ma ancora, dove finisce la vocazione maggioritaria quando si dà per scontata una legge elettorale tutta proporzionale?

Inoltre è possibile ridefinire un nuovo equilibrio fra meriti, pari opportunità, protezioni sociali, diritti, giustizia sociale ed eguaglianza?

Ho chiesto insieme a tanti di discutere; la risposta è stata semplice e chiara: “Si va avanti, punto”. Ho detto ad ogni riunione di partito a cui ho partecipato in questi mesi, del mio circolo, comunale, provinciale che la cosa migliore e giusta sarebbe stata discutere pubblicamente per ridefinire il nostro progetto politico. Ho detto, anche pubblicamente “fermiamoci”, insieme ad altri molto più autorevoli di me (Veltroni ad esempio). Avremmo dovuto coinvolgere in questa discussione cittadini, intelletuali, competenze varie, sindacati e associazionismo vario, sindaci e territori, questo avremmo dovuto fare. NULLA.

Perciò il PD non è più il mio partito. Ma non mi rassegno e vado avanti per costruire una nuova sinistra riformista e di governo. Penso che il governo Gentiloni debba durare fino alla fine della legislatura. Non solo perché sarebbe il terzo governo del PD che lo stesso PD abbatte in soli 4 anni. È un vizio antico nel nostro paese che ci riporta dritti nella prima repubblica. La costituzione di nuovi gruppi allarga la maggioranza che sostiene Gentiloni.

Una crisi di Governo è incomprensibile. Indebolisce la Democrazia e le istituzioni, sarebbe un colpo pericoloso alla possibilità di irrobustire la crescita, non permettebbe di fare le riforme di cui il Paese ha bisogno, e colpirebbe ulteriormente i più deboli.

L’Italia ha bisogno di essere governata per correggere alcune delle riforme fatte, (scuola, jobs act), per rilanciare lo sviluppo con investimenti pubblici, per consentire al parlamento di scrivere e votare una nuova legge elettorale maggioritaria che consenta all’elettore di eleggere i propri rappresentanti. Pensa così anche il PD? Intanto il PD eleggerà il suo segretario. Io, di certo, insieme a tanti altri mi impegnerò a costruire una nuova sinistra parte di un centro sinistra più ampio.

Vi rinnovo la mia amicizia e la mia stima sincera e autentica e vi chiedo di trasmettere questa mia breve lettera agli iscritti del circolo G. Fusconi perché lì sono le mie radici, perché nella sinistra di Cervia sono nato e cresciuto. Perché lì ho vissuto anni meravigliosi impregnati di passione, di confronti e battaglie politiche sempre alla ricerca di nuove idee e progetti, di nuove conquiste e di unità. Sono consapevole di avervi fatto penare in questi mesi, perché ho voluto sempre dirvi ciò che penso e penso di averlo fatto con onestà, con il cuore e con la mia testa. Forse non sono stato capace di spiegare le mie ragioni, a volte sono stato molto insistente, ma sempre vi ho guardato negli occhi perché non mi piace piegare la testa. Ho stima in Voi perciò ho e avrò sempre rispetto delle Vostre opinioni e decisioni.

Mi sento un uomo fortunato perché ho condiviso una esperienza straordinaria e unica durante questi 46 anni con persone di straordinario valore e generosità, dentro una comunità solidale impegnata per il bene comune. Quindi ciò che è accaduto in questi giorni non è la rottura fra dirigenti di vario livello che combattono per rivalità personali o per smanie di potere.

Dobbiamo avere più rispetto di noi stessi, delle nostre storie, delle nostre idee, della idea che ciascuno di noi ha di un partito e della funzione che deve svolgere nel sistema democratico e nella società. Io penso che un partito sia una comunità che opera per il bene comune, non uno strumento al servizio di qualcuno.

Non è neppure una disputa sulla data del congresso che ci ha diviso, sarebbe troppo banale e inspiegabile. Peraltro come sapete per il PD il congresso non esiste perché lo statuto non lo prevede. Ciò che prevede è “la scelta dell’indirizzo politico mediante elezione diretta del segretario e dell’assemblea”. Cioè un percorso durante il quale si vota, prima fra gli iscritti e poi fra gli elettori per scegliere chi deve fare il segretario. Cioè una conta che è il contrario di una discussione per costruire l’unità.

Ciò che ci ha diviso sono ragioni politiche, culturali, valoriali diverse che non hanno potuto confrontarsi per poter diventare un progetto comune. Di qui dovremo ripartire tutti, anche se militanti di soggetti politici diversi, dovremo confrontarci ognuno con le proprie idee, per costruire insieme un progetto di governo comune. Questo sarà il mio impegno di qui in avanti.

GRAZIE di tutto, ho dato quello che ho potuto, ho avuto tanto, di più. Ho sentito in questi mesi il Vostro rispetto per me e per le mie idee e la Vostra unanità. Allo stesso modo ho stima e rispetto per il Vostro generoso impegno e per le Vostre idee. Ma non me ne vado lontano. Per me è un nuovo inizio e voglio fare la mia parte per costruire una nuova sinistra. Non pensate di liberarVi di me. Sono convinto che presto ci incontreremo di nuovo in qualche modo, da qualche parte. Anzi sono convinto che non ci siamo mai lasciati, semplicemente ognuno sarà libero di portare il proprio contributo ad un rinnovato centro sinistra capace di convincere e vincere per il bene del nostro amato Paese. L’ho fatta troppo lunga, scusate.

Ciao a presto Miro