Il Pri diviso al congresso, Fusignani rivendica: «Partito salvato da noi»

Presentata la mozione del vicesindaco che lascerà la carica di segretario. Con lui Mingozzi, Francesconi, Ravaglia e Mazzotti.  «No ai toni da grillini, ripartiamo uniti»

Partito repubblicano

Da sinistra: Mauro Mazzotti, Stefano Ravaglia, Eugenio Fusignani, Giannantonio Mingozzi e Chiara Francesconi

Mauro Mazzotti scarabocchia su un cartoncino giallo. «Ho quasi settant’anni, sono nel partito da quando? 53 anni forse. Si è sempre discusso qui dentro». “Qui”, nello specifico, è la sede dei Repubblicani in via Bovini, non ha l’aspetto delle vecchie case del popolo ma ci sono i cimeli di pragmatica. Una bandiera incorniciata, il busto di Mazzini e tutto ciò che richiede l’immaginario collettivo repubblicano. Negli ultimi quindici anni il Pri di Ravenna ne ha passate diverse con un gruppo dirigente che, almeno visto dall’esterno, era compatto nella linea politica: alleanza locale con il centrosinistra e ostinata minoranza a Roma dove invece l’Edera confluiva nel centrodestra. Il frontman era l’ex vicesindaco di lungo corso, Giannantonio Mingozzi, e alla segreteria si alternavano un po’ tutti gli “amici” che ora rischiano di diventare ex anche se – dice sempre Mazzotti – «a livello personale non si è incrinato nulla».

Forse è così. Sta di fatto che si avverte nell’aria una certa tensione in vista del congresso comunale del Pri che si terrà sabato 17 e domenica 18 giugno a Santerno. Il vicesindaco Eugenio Fusignani, oggi segretario ma da lunedì non più (rimarrà alla guida del partito provinciale, poi da statuto lascerà anche quella), vorrebbe passare la carica all’attuale numero due della segreteria comunale, Stefano Ravaglia. Formalmente il segretario non si sceglierà domenica perché quel giorno si eleggerà solo la direzione. Di traverso si sono messi però gli “altri” che hanno giocato uno scherzo che non è andato troppo giù: presentare una mozione che contesta la linea del partito e l’alleanza con il Pd. Si parla di «città contendibile» e di un Pri ormai subalterno a quello di maggioranza. Dall’altra parte c’è la mozione Fusignani in cui si dice invece che bisogna «blindare Ravenna» e continuare sul percorso tracciato per far ripartire il partito anche a livello nazionale. «La linea è questa», insiste il segretario.

Il punto è che nella storia recente il partito non è mai stato così spaccato. A guidare l’altra fazione – anche se Fusignani rifiuta questo termine – sono esponenti di un certo spicco. Paolo Gambi si candida alla segreteria e a sostenerlo ci sono nomi come Luisa Babini, Fabio Bocchini, Aride Brandolini e molti altri. Gente che ha avuto un certo peso nella storia recente del partito, esponenti di quel gruppo dirigente che ha traghettato l’Edera ravennate, facendola sopravvivere mentre in Italia il Pri scompariva. Lo sostiene pure Mazzotti, che è un po’ la voce storica della sezione ravennate e che ora si trova dalla parte di Fusignani: «Qui c’è sempre stato un gruppo affiatato e mi dispiacerebbe se emergesse una diffidenza che in politica non va mai bene» però «quando si sta in un’allenza bisogna essere leali, non possiamo cominciare a fare i grillini. A Ravenna abbiamo un’eredità pesante, siamo l’ultima spiaggia del partito». Mazzotti comunque cerca di vedere positività nel futuro mentre Ravaglia ammette che la rottura non è stata improvvisa: «Era latente già dallo scorso anno, prima delle amministrative».

Pare di capire che proprio le elezioni del 2016 siano state il punto di svolta. Già allora era stata messa in dubbio, ma poi confermata, l’alleanza con il Pd. Scelta che però era andata di traverso a parte della dirigenza che in pratica non ha partecipato alla campagna elettorale: «E’ bene ricordare – dice Fusignani – che si è sempre discusso nei nostri congressi ma che se oggi lo si può fare è perché un partito esiste. E se esiste – ripete due volte – è perché lo hanno salvato le persone oggi sedute attorno a questo tavolo durante la scorsa campagna elettorale». Oltre a lui, Mingozzi, Mazzotti e Ravaglia c’è Chiara Francesconi, docente universitaria e volto nuovo del partito. Lei è entrata in consiglio comunale, dove siede insieme all’ex vicesindaco, e sostiene che la subalternità al Pd in realtà non esiste: «Le decisioni che vengono prese sono frutto di una mediazione che c’è prima dei consigli comunali e in cui ci facciamo sentire».

Mingozzi parla meno del solito, forse per sottolineare il nuovo corso che sarebbe rappresentato dai nuovi iscritti e dai giovani che si sono avvicinati alla politica: «Possiamo intercettare parte dell’elettorato del Pd che non vuole votare il Movimento 5 Stelle o la destra. Le assemblee nei circoli – dice sornione – stanno andando bene». La libera traduzione è l’attuale vantaggio della mozione Fusignani. Cosa succederà dopo? Nessuno al momento teme uscite e si può forse leggere nella mozione la speranza del vicesindaco: “La grande forza del Pri ravennate è sempre stata quella di avere un gruppo dirigente coeso, che ha consentito di mantenere vivo il partito, nella società e nelle istituzioni. Ricompattiamo i ranghi e ragioniamo insieme”. Questa sarà la sfida più difficile per il nuovo segretario comunale, traghettare nel prossimo decennio “un vecchio partito, non un partito vecchio”.

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