Si chiamano elezioni regionali, ma quante sfide diverse sulla scheda

La gara per la presidenza, la competizione tra liste della stessa coalizione e tra candidati di una stessa lista, la rincorsa al 3 percento, l’incognita grillina: una mappa verso il voto del 26 gennaio

 

Elezioni VotoComplice il sistema elettorale e il clima di grande attenzione nazionale, il voto del 26 gennaio per le Regionali in Emilia-Romagna contiene in sé più di una sfida.

La sfida campale: Bonaccini vs Borgonzoni

La prima e campale, naturalmente, è quella tra Bonaccini e la Borgonzoni, quel #bastaunvoto usato da alcuni candidati del centrodestra è letterale (chi prende un voto in più dell’altro vince e conquista il premio di maggioranza, senza ballottaggio) e, dicono molti sondaggi, anche la fotografia di una situazione reale: i due potrebbero effettivamente essere molto vicini.

Le coalizioni: come si sposteranno i voti dentro il centrodestra e nel centrosinistra?

La seconda è quella interna alle forze politiche dei vari schieramenti. Davvero Forza Italia rischia di ridursi a forza residuale? Anche qui la Meloni con la sua voglia un po’ nostalgica di patria e famiglia potrebbe raggiungere una percentuale a due cifre? La Lega, dopo essersi confermata primo partito in tantissime provincie alle ultime Europee, sarà definitivamente incoronata primo partito ovunque?

Nel centrosinistra, neanche a dirlo, la situazione è ancora più complicata. Come andrà la lista Bonaccini che raccoglie un po’ i candidati delle forze che non hanno voluto o potuto presentare il simbolo? Quanto aiuterà la campagna impostata su di lui come salvatore di ciò che resta di un’idea di centrosinistra senza simboli di partito? Peraltro, dovesse vincere, chissà dove potrà arrivare. Tra i meriti riconosciuti all’attuale segretario del Pd, per dire, c’è quello di aver vinto e di governare il Lazio mentre la destra vinceva ovunque….

Quanto prenderà questo nuovo Pd senza più Renzi a destra e Bersani a sinistra? E le liste in appoggio? Coraggiosa saprà davvero attrarre il voto a sinistra del Pd che rischia di finire in ben tre liste che non sostengono Bonaccini? E i Verdi? E questa fusione elettorale tra la lista Bonino, il Psi e il Pri? Nell’analisi del voto ravennate bisognerà soprattutto attribuire i voti al Pri (che però potrebbe allontanare quelli magari in cerca di qualcosa di un po’ più nuovo e fresco, che sì, insomma, la Bonino la voterebbero ma il Pri, che peraltro esprime gran parte dei candidati con nomi storici del partito, anche no, grazie). Forse meglio Volt? Perché sì, diciamo che i nuovi simboli non mancano. Chi un po’ più giovane, chi un po’ più europeista, chi un po’ più progressista.

Chi corre da solo: la gara in salita dei 5Stelle e la soglia del 3 percento per tutti gli altri

Poi naturalmente c’è la sfida dei 5 Stelle tutta interna: c’era chi nel movimento non voleva nemmeno presentarsi per evitare la debacle. Sono in ritardo sulla campagna elettorale, in grave difficoltà nazionale e qui potrebbero raccogliere un risultato deludente. Rischiando di dar ragione a chi diceva, meglio saltare un giro.

Poi ci sono le liste, ne abbiamo parlato nel numero scorso, che non andranno in coalizione e hanno davanti lo sbarramento del 3 percento da superare: L’Altra Emilia Romagna, Pap, 3V e chissà se ci saranno anche il Partito Comunista (quello di Rizzo) e il Fronte Sovranista Nazionale, impegni a raccogliere le firme nelle ultime settimane.

Dentro le liste, la complicata sfida a quattro del Pd

Infine, dentro ad alcune liste c’è la grande sfida interna tra i candidati. Per Lega e Pd si tratta di giocarsi il posto a Bologna. E che non sia cosa da poco conto lo si capisce dal fatto che la Lega ancora non ha reso noti i propri candidati a pochi giorni dalla presentazione delle liste. Certo si capisce che non mancherà Andrea Liverani, consigliere uscente, fedelissimo di Salvini dal primo minuto, faentino in quella Faenza che andrà al voto a maggio. E dovrebbe esserci anche Samantha Gardin, segretaria provinciale da anni, già candidata (ma solo all’uninominale) al Parlamento.

Nel Pd invece i quattro sono schierati e attivi sul territorio da tempo. Se cinque anni fa era stato raggiunto un equilibrio geometrico: donna faentina (e renziana), uomo della Bassa molto noto e forte di provenienza Ds, uomo + donna da ticket a Ravenna con donna molto a sinistra e uomo rappresentante dell’area cattolica, di provenienza dalla Margherita, quest’anno le carte in tavola sono molto cambiate. Poiché infatti Mirko Bagnari (il candidato della Bassa che cinque anni fa prese il maggior numero di preferenze) non si ricandida, a rappresentare l’area lughese c’è Mirella Dalfiume, sconosciuta ai più, ma che potrebbe appunto contare su un bacino di voti interessanti per ragioni meramente geografiche e campanilistiche. Bacino di voti che interessa naturalmente anche i due candidati uomini, entrambi ravennati. Uno è Andrea Corsini, l’uomo veramente forte di questa tornata elettorale. Assessore regionale in carica, lunga esperienza politica alle spalle già dai Ds, rappresenta la continuità del partito, se non addirittura della “Ditta”, nella buona e nella cattiva sorte e per lui si stanno attivando testimonial importanti anche nella Bassa, come il sindaco di Lugo Davide Ranalli. E ovviamente, essendo cervese d’origine, può contare anche su quel bacino di voti oltre a quelli del ravennate dove vive e dove è stato a lungo assessore. Una figura che rischia di oscurare l’altro ravennate, consigliere uscente Gianni Bessi, che ha lavorato soprattutto sui temi dell’economia. Bessi al momento non ha sindaci che abbiamo fatto endorsement per lui e viene, come si diceva, dall’altra anima del Pd, quella cattolica. Quanto conteranno queste dinamiche nell’urna? A fronte anche di un partito comunale, a Ravenna, che non può far una campagna elettorale come fece cinque anni fa per i suoi due candidati perché si trova con due candidati uomini e nella scheda sono ammesse due preferenze ma solo se di genere diverso. L’altra donna in lizza è infatti Manuela Rontini, da Faenza, che per certi versi fa una gara a parte: non potrà verosimilmente più contare sul voto renziano, ma ha comunque un ampio territorio di riferimento e in questi anni non si è risparmiata, battendo l’area faentina e oltre palmo a palmo.

Al netto di tutto questo, resta una considerazione amara da fare, ancora una volta, a prescindere dalle considerazioni di appartenenze politiche. Quando si è trattato di sostiuire Bagnari, indisponibile alla ricandidatura, si è trovato un altro uomo forte, individuato in Corsini. E solo dopo, si è pensato a Mirella Delfiume, per far tornare i conti della parità. E tutto questo perché evidentemente di donne abbastanza “forti” non ce n’erano. E non ce ne sono, perché il problema viene da lontano, dalla mancanza cronica di donne di autentico peso nel Pd, e la soluzione non sembra affatto vicina. Per trovare una ravennate in lizza bisognerà rivolgersi altrove…

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