Pubblichiamo volentieri una sorta di diario del nostro appena ventenne collaboratore Ernesto Moia da Matera, città che ospita la prima tappa del Progetto Hamelin di Ravenna Teatro-Teatro delle Albe (in collaborazione con Iac – Centro Arti Integrate e con il supporto della cooperativa sociale Il Sicomoro). Per tre giorni, la celebre città in Basilicata sarà attraversata da riprese cinematografiche e azioni performative nei luoghi pubblici, con protagonisti oltre 200 bambini e ragazzi dai 7 ai 17 anni provenienti da Basilicata, Emilia-Romagna e Lazio, di cui la maggioranza dalle scuole di Ravenna. Il racconto guida è la fiaba de Il Pifferaio di Hamelin, riletta come metafora di una società che tradisce le nuove generazioni e ne paga il prezzo. Al centro, una domanda semplice e radicale: cosa succede a una società che smette di ascoltare i bambini?
Giorno 0, il viaggio
Ritrovo in piazzale Aldo Moro a Ravenna alle 8 di domenica mattina, con due corriere, diretti al Santuario Santa Maria di Picciano, a Matera. Il viaggio è lungo: sono quasi 700 chilometri da coprire con una corriera a tre assi che può al massimo fare i 100 all’ora, con due pause da mezz’ora e una da 45 minuti. Si parte alle 8 e 30, si arriva poco prima delle 18 e 30. Io mi trovo per la prima volta dall’altro lato, ovvero non sono classificato come ragazzo ma come adulto, siedo quindi in cima alla vettura, aiuto a fare l’appello, scherzo, rido e faccio cruciverba con le guide e Laura Redaelli, colonna portante delle Albe e mia maestra un po’ di anni fa, e aiuto ad approntare la sala comune per la cena, dove potrò bere vino.
Il viaggio, come dicevo, non è breve, ma non è noioso, dinanzi a noi, oltre che racconti di vecchi spettacoli e progetti, l’Adriatico, e quelle regioni d’Italia come le Marche, l’Abruzzo e la Basilicata spesso dimenticate da Dio (e dagli americani), che tra abusivismo edilizio, pale eoliche e autostrade deserte raccontano un grande pezzo della storia d’Italia. Lo spettacolo (o forse dovrei scrivere film?) racconta una storia che risale al basso medioevo e ha come palco (o set?) una città che ha origini nel paleolitico, eppure Laura me lo racconta, mentre superiamo lo svincolo per Molfetta, come di un’attualità folgorante, come dipinto di un mondo che ormai decide senza tener conto di nulla e nessuno, non per risorse o ideali, ma per denaro e consenso, e a perderci sono sempre prima di tutto i bambini. Così ci si collega al pifferaio di Hamelin, i ragazzi non hanno scelta, subiscono; in quel momento mi rendo conto che io non sono più tra i ragazzi peraltro, la cosa mi fa dunque riflettere per un po’, prima dell’ultima pausa in autogrill.
Ci sono preadolescenti e adolescenti da Ravenna (un centinaio almeno), Roma, Milano e Matera per questo film (o spettacolo?), ci sono una nutrita dozzina di guide, che in parte ricordo dagli anni alla Non Scuola delle Albe e in parte conosco solo oggi, Alessandro Argnani e Laura Redaelli a coordinare l’orchestra e genitori venuti in assistenza e in supporto: un’altra volta ancora le Albe hanno creato un coro di genti diverse unite nel seguire un unico grande faro. Si procede cenando, dopo una breve introduzione di tutte le guide, con lasagne, sia vegetariane che non, e salsiccia. Al Santuario, dove dormiamo e mangiamo, a tavola siamo circa 140, a parlare dei più disparati argomenti tra generazioni diverse, all’ombra di una delle città più stupefacenti sull’intero pianeta.