lunedì
06 Ottobre 2025
il caso

Quando mamma e papà diventano italiani, ma i figli restano stranieri

Una nuova norma impedisce ad alcuni conviventi di ottenere automaticamente la cittadinanza. Già diciotto i casi nel solo comune di Ravenna. Critica la deputata Bakkali: «Modifica dall’impatto enorme»

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Non è raro che a volte una piccola modifica legislativa, una questione apparentemente di banale burocrazia porti con sé conseguenze pesanti, se non pesantissime nelle vite quotidiane di tante persone. E tra chi spesso lo ha imparato sulla propria pelle ci sono innanzitutto gli immigrati stranieri in Italia, in questo caso, peraltro, nel momento in cui diventano cittadini italiani.

Accade infatti che nel silenzio più totale della politica, gli uffici comunali preposti a riconoscere la cittadinanza si trovino di fronte a una nuova norma, modificata a maggio scorso, che impedisce un automatismo che fino a pochi mesi fa nessuno aveva messo in discussione: il minore convivente con un cittadino straniero che acquisisce la cittadinanza italiana diventa simultaneamente italiano. Ora non più, qualora infatti il minore sia nato all’estero, e a patto che il genitore sia stato residente almeno due anni in Italia prima della nascita del figlio, il suddetto figlio dovrà attendere due anni per avere a sua volta la cittadinanza, due anni in cui il genitore neoitaliano dovrà risiedere continuativamente in Italia. Se invece il genitore non è stato residente in Italia per almeno due anni prima della nascita del figlio all’estero, il minore in questione dovrà aspettare i diciotto anni per poter fare la richiesta come già accade per i figli di stranieri oggi.

La questione non è semplice, meglio un esempio per capire quanto non si tratti di meri sofismi o tecnicismi. Diciamo che Awa a venticinque anni arriva in Italia con la figlioletta di un anno, Fatou, e dopo un anno mette al mondo Lewa. Quando, Awa, avendo maturato i requisiti, diventa italiana le figlie avranno verosimilmente tredici e undici anni, ma solo Lewa diventerà italiana come la sua mamma. Fatou, che pure ha vissuto qui tutta la sua vita come la sorella, invece, dovrà aspettare la maggiore età, a differenza di quanto sarebbe accaduto fino a pochi mesi fa.

Qual è la ratio di tutto questo? Probabilmente non c’è, probabilmente è un “effetto collaterale” di una serie di norme che invece sono state annunciate in pompa magna dal ministro degli Esteri Tajani la scorsa primavera e sono quelle che regolano lo ius sanguinis per impedire a discendenti di trisavoli italiani di poter chiedere la cittadinanza del Belpaese e il conseguente passaporto. Una possibilità che prevedeva procedure gravose e complesse e aveva intasato consolati all’estero e tribunali in Italia provocando non poche difficoltà. Una materia su cui, dopo anni, il governo ha deciso appunto di mettere mano con un decreto legge (per evitare effetti annuncio) che in seno però ha comportato anche questa disparità nel trattamento dei figli di chi diventa italiano.

A Ravenna, al momento sarebbero già diciotto i minori nati all’estero e conviventi con un genitore diventato italiano che non hanno acquisito la cittadinanza con il genitore. Undici di questi saranno avvisati che diventeranno italiani in automatico dopo due anni dal giuramento del genitore, sette invece riceveranno un diniego e potranno diventare italiani su istanza da presentare personalmente al Ministero una volta maggiorenni. Cinque di loro infatti non rispettano il requisito della residenza biennale in Italia del genitore prima della loro nascita, mentre due di loro sono in Italia da meno di due anni. Sono tutti minori di un’età compresa fra i 9 e i 17 anni.

La parlamentare Dem Ouidad Bakkali si è occupata della questione fin da maggio, quando ci racconta di aver depositato emendamenti per abrogare queste novità, emendamenti che furono però bocciati. «Di nascosto e senza nessun tipo di informazione questo decreto colpisce violentemente anche i giovani e le giovani italiane senza cittadinanza che sono arrivate in Italia da giovanissimi – dichiarava allora la deputata ravennate alle agenzie parlamentari –  questo decreto infrange il sogno di tantissimi giovani arrivati in Italia in fasce o piccolini che non potranno diventare italiani a seguito della naturalizzazione dei propri genitori. È una modifica che ha un impatto enorme e che denuncio con forza. L’attenzione è stata concentrata giustamente sull’impatto che questo decreto avrà sulla comunità degli italiani all’estero e questo governo ne ha approfittato per colpire duramente i minori, bambini e adolescenti con background migratorio cresciuti in Italia, che qui studiano, che qui praticano sport».

Ora Ouidad Bakkali vuole riportare la pratica in Parlamento dopo aver raccolto dati dai vari Comuni  attraverso la rete Rami che Bakkali ha contribuito a fondare e che è composta da amministratori con background migratorio.

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