Continua lo scambio di colpi a distanza tra Alvaro Ancisi, consigliere comunale di opposizione a Ravenna con Lista per Ravenna, e la Fondazione Ravenna Manifestazioni che realizza la celebre rassegna musicale Ravenna Festival dal 1989. Tema della contesa, come ormai noto, le procedure seguite per l’affidamento dell’incarico di direzione artistica al 36enne Michele Marco Rossi che poi si è fatto da parte perché rinviato a processo per violenza sessuale.
In sintesi il decano dell’opposizione ha presentato un’interrogazione al sindaco di Ravenna, Alessandro Barattoni, su alcuni temi legati alla vicenda, visto e considerato che il sindaco è residente della Fondazione dove il Comune è socio e consistente è il contributo pubblico economico a favore dei Ravenna Manifestazioni. Il fulcro dell’attacco di Ancisi è che Ravenna Manifestazioni, per la sua natura, dovrebbe adottare procedure equiparabile a quelle richieste per gli enti pubblici, pur non essendo un ente pubblico.
Ancisi si rifà a una determinazione dell’Autorità anticorruzione (Anac) del 2017 secondo cui sono enti privati “in controllo pubblico” anche le fondazioni con bilancio superiore a 500mila euro che esercitino attività di produzione o di gestione a favore delle pubbliche amministrazioni: «Basta leggere l’articolo 3 dello statuto di Ravenna Manifestazioni secondo cui il Comune di Ravenna “si avvale della Fondazione per l’attuazione delle proprie politiche culturali nel campo della cultura musicale o teatrale sul territorio”, avendole allo scopo affidato in gestione, tra l’altro, il teatro Alighieri».
Il consigliere comunale si chiede se si possa giustificare politicamente che la Fondazione si comporti da “organismo di diritto privato”, libero di avere “contratti diretti di natura fiduciaria”, cioè di assumere e spendere evitando ogni controllo pubblico e senza dovere di imparzialità? E conta niente che, secondo i dati di bilancio del 2024, la Fondazione sia finanziata per il 73,8 percento con denaro pubblico?
Ancisi ha chiesto al sindaco perché il cda della Fondazione non abbia ricevuto da Rossi un’autocertificazione di carichi penali pendenti prima della sua assunzione. Ha risposto il Festival: Rossi non aveva ancora firmato il contratto per l’incarico di co-direttore artistico e quindi quel documento non era stato ancora prodotto. Il consigliere comunale non può fare a meno di sottolineare che «il 4 agosto scorso il Comune di Ravenna annunciò che il consiglio di amministrazione della Fondazione aveva deliberato all’unanimità di affidare la co-direzione artistica del Ravenna Festival 2026 a Michele Marco Rossi e Anna Leonardi (moglie di Rossi, ndr). Impariamo però ora che non solo a quella data, ma fino al 2 ottobre, quando si è saputo del rinvio a giudizio di Rossi non era ancora avvenuta la “formalizzazione del contratto”. Come se il consiglio di amministrazione avesse scherzato. In ogni caso, secondo logica, l’autodichiarazione avrebbe dovuto essere richiesta prima di deliberare alcunché sulla nomina dei due nuovi direttori artistici».
Ancisi attribuisce l’ultimo comunicato di Ravenna Manifestazioni a Antonio De Rosa, sovrintendente del Festival: «Assunto ininterrottamente da decenni, senza alcuna procedura pubblica. Il suo ultimo contratto quadriennale, da oltre 133mila euro l’anno lordi scade il 18 luglio 2026, quando avrà compiuto 67 anni. Ripartire da zero, confido col suo accordo, significa anche ricercare il suo migliore sostituto in Italia, o magari in Europa, come merita la dimensione internazionale di Ravenna Festival».