Riceviamo e pubblichiamo un’intervento dell’attivista per il clima e i diritti umani Marina Mannucci.
Venerdì 14 novembre, a Ravenna, in piazza Andrea Costa, in contemporanea con le mobilitazioni svoltesi in tutto il mondo per mettere in risalto i negoziati internazionali della Cop30 di Belém, in Brasile, si è svolta la manifestazione No al genocidio No all’ecocidio, promossa dal Coordinamento ravennate della campagna Per il Clima – Fuori dal Fossile.
Giustizia climatica, utilizzo di energie fossili, conflitti, spese militari, militarizzazione, politiche di sicurezza sono fattori interconnessi. Inquinamento, desertificazione, cambiamenti climatici sono aggravati dalle guerre e dall’uso di combustibili fossili; spese militari, politiche securitarie e incapacità di garantire la giustizia climatica a tutti i popoli indeboliscono la democrazia e la capacità di affrontare le crisi. Le ultime tre Conferenze delle Parti (Cop) si sono svolte in Paesi (Egitto, Emirati Arabi, Azerbaijan) a forte dipendenza dai combustibili fossili e, nonostante gli avvertimenti scientifici, hanno prodotto risultati deludenti; inoltre, il ritiro dal trattato da parte degli Stati Uniti ha indebolito l’efficacia delle azioni globali, compromettendo gli obiettivi a lungo termine stabiliti nell’Accordo di Parigi del 2015 con effetti a catena sulle politiche ambientali ed energetiche di altri paesi.
In Emilia-Romagna le mobilitazioni del 14 novembre hanno avuto l’obiettivo di sollecitare anche la rapida presa in esame e approvazione di quattro proposte di legge d’iniziativa popolare che riguardano la gestione sostenibile di acqua, energia, rifiuti e consumo di suolo e che, da quasi tre anni, giacciono indiscusse nei cassetti della Regione, con grave vulnus dei processi di democrazia partecipata che spesso le istituzioni dicono di sostenere. A Ravenna, diverse associazioni, reti sociali e singole/i cittadine/i hanno partecipato alla manifestazione per opporsi alle politiche di guerra e di devastazione ambientale; un’azione collettiva dal basso che implica un’etica della cura reciproca e della responsabilità verso la comunità e l’ambiente. Il linguista, filosofo e attivista Noam Chomsky ritiene le/gli attiviste/i agenti di cambiamento e attribuisce loro un ruolo cruciale nel plasmare il futuro, specialmente in questioni di pace e diritti umani (e anche di diritti ambientali, aggiungo io). Non si può, però, nascondere che la presenza e il sostegno del sindaco della nostra città (o di un suo rappresentante), di area Pd, partito che formalmente si colloca nell’alveo di centro-sinistra, avrebbe dato una bella sferzata di energia a una mobilitazione che ha toccato temi cruciali come la pace, la giustizia climatica e la difesa dei beni comuni, scompigliando “ordini prestabiliti” e combinando l’uso di strumenti istituzionali a pratiche politiche che richiamano a una democrazia di base. Un’occasione persa.
Marina Mannucci



