A seguito dell’assemblea annuale di Anci (l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), tenutasi nei giorni scorsi a Bologna, il sindaco di Ravenna, Alessandro Barattoni, interviene sul tema della sicurezza urbana. Pubblichiamo integralmente il suo intervento inviato in redazione.
«Nei giorni scorsi – scrive il sindaco di Ravenna, Alessandro Barattoni – ho partecipato, per la prima volta da sindaco, all’assemblea annuale di Anci a Bologna, e uno dei temi maggiormente dibattuti è stato quello della sicurezza urbana. Una notizia che giudico positivamente, perché la sicurezza è una componente fondamentale della libertà delle persone: se ci si sente meno sicuri, ci si sente anche meno liberi».
«Sindaci e sindache di tutte le regioni, che guidano città più o meno grandi, sono concordi su come il tema sia prepotentemente in cima alle richieste dei cittadini e alla lista delle priorità di cui si preoccupano ogni giorno, nonostante la Costituzione assegni allo Stato la competenza esclusiva in fatto di ordine e sicurezza pubblica. Il compito dello Stato è, infatti, quello di garantire la sicurezza dei suoi cittadini attraverso il coordinamento degli organi di Polizia e della sicurezza pubblica, che esercita attraverso la Prefettura e la Questura con la collaborazione delle Forze dell’ordine, Polizia e Carabinieri. Il Comune e i sindaci hanno, in proposito, il dovere di collaborare e mettere a disposizione le proprie risorse di polizia locale per il presidio e la vigilanza del territorio».
«Secondo le rilevazioni di Anci, però, negli ultimi anni le Forze di Polizia locale hanno perso oltre 12mila dei 70mila addetti a livello nazionale e scontano anche difficoltà operative, non avendo nemmeno accesso a banche dati ministeriali che permetterebbero di avere maggiori informazioni per poter fare accertamenti, controllare veicoli, ottenere informazioni sui permessi di soggiorno, rilasciati e da rinnovare.
A livello nazionale i dati Censis 2025 hanno evidenziato che, secondo il 75,8% degli italiani – e la percentuale sale all’81,8% tra le donne – girare per strada negli ultimi cinque anni è diventato più pericoloso.
Ogni mattina, nella rassegna stampa, leggo le prime pagine di tante città vicine e lontane e le notizie di cronaca sono sempre in primo piano.
Se oggi, in tutta Italia, nelle città come nei piccoli paesi, indipendentemente dal colore politico dell’Amministrazione, i cittadini non si sentono sicuri – e questo, come dicevamo, colpisce in maniera più forte le donne – non si può pensare che il problema sia di una singola comunità, ma riguarda tutto il Paese.
Sto dicendo questo per sgombrare il campo, in un’ottica di chiarezza che deve alimentare il rapporto di fiducia e di responsabilità reciproca che mi lega alla cittadinanza, ma anche perché sono convinto sia importante diffondere una consapevolezza collettiva. Non abbiamo modelli da copiare, né soluzioni semplici per affrontare un problema che è in stretta relazione con i cambiamenti della società, i rapporti fra le persone e l’aspettativa nei confronti dell’altro».
«Il tema della sicurezza è quindi una questione ‘orizzontale’ e trasversale: è legato al sociale, all’illuminazione, al commercio di prossimità, all’urbanistica. È in relazione alle politiche giovanili, a quelle di genere, alle politiche culturali. La sicurezza è profondamente intrecciata al modo in cui una città, i paesi, i lidi, vengono vissuti e non si può pensare di affrontare un argomento così composito a compartimenti stagni, ma occorre farlo in maniera unitaria, partendo dal fatto che non si può prescindere dal rafforzamento di presìdi statali nelle città.
Servirebbe, inoltre, una stretta contro i reati predatori comuni, che vedono una costante recidiva, frutto di una scarsa effettività della sanzione, e che producono un grande allarmismo e sfiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini.
«A tutto questo bisogna aggiungere un altro elemento, che è quello delle case circondariali che già soffrono, da tempo, di sovraffollamento (parliamo di oltre 63.000 persone rispetto a una capienza di 51.000) e di condizioni degradanti causate anche da strutture vetuste, con un aumento di suicidi ed episodi di autolesionismo molto forti. Lo dico perché spesso si pensa al carcere come la soluzione più semplice, ma come evidenziato sopra, il numero di queste strutture in Italia è insufficiente, nonostante nel nostro Paese ci siano già 95.000 persone – e il trend è in forte aumento – soggette a misure alternative. A questo si aggiungono i numerosi stranieri in attesa di essere rimpatriati, anche se – e occorre sottolinearlo – negli ultimi due anni gli effettivi rimpatri hanno riguardato poco più del 10% delle persone soggette a decreto di espulsione.
In questo quadro credo appaia sempre più evidente la necessità di avere più risorse per le forze dell’ordine, più agenti di polizia locale, più carceri, e via dicendo. Se, però, ci sforzassimo di andare oltre la lunga ‘lista della spesa’, credo si possa dire che non siano sufficienti solo politiche repressive e di controllo, ma che sia necessario inserire il tema della sicurezza dentro a quello della prevenzione del disagio, in particolare giovanile, e delle sicurezze in senso lato: quelle sociali e il sostegno alla fragilità, quelle economiche e le politiche dei redditi, quelle scolastiche e culturali. Come sappiamo, sono in aumento la dipendenza e lo spaccio di droghe, in particolar modo quelle a basso costo, così come sono in preoccupante crescita la detenzione e il possesso di coltelli e armi bianche, soprattutto fra i giovanissimi. Questi temi, naturalmente, interrogano in profondità l’aspetto educativo, la responsabilità genitoriale e le relazioni intergenerazionali, su cui spesso riescono a fare un grande lavoro la scuola e lo sport, seppur non possano sostituirsi all’ambito familiare».
«Per riassumere, il tema della sicurezza e delle sicurezze riguarda tutta la nostra società, non c’è nessuno che si possa sentire escluso. E concerne la libertà, che è un diritto fondamentale della persona.
Da parte mia, posso assicurare che non ho nessuna intenzione di scaricare le mie responsabilità, ma allo stesso tempo sono convinto che serva avere chiaro il quadro complessivo, e che il lavoro in corso sul cambiamento della città non possa prescindere, in tutti i suoi aspetti, da una visione integrata della sicurezza urbana.
L’obiettivo, quindi, è quello di lavorare quotidianamente per portare luce dove c’è buio, speranza dove la si è persa, costruire relazione e comunità dove ci sono solitudine e isolamento, promuovere integrazione in tutti i quartieri e con tutti coloro che hanno scelto la nostra città come il posto migliore per costruire il proprio futuro.
Stiamo facendo questo per rinsaldare un rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini, senza dimenticare di ringraziare quella gran parte di comunità che spesso, con le proprie segnalazioni, aiuta e consente di individuare i responsabili di singoli episodi criminali. E il ringraziamento si estende anche agli uomini e alle donne delle Forze dell’Ordine che ogni giorno svolgono con passione e professionalità il proprio impegno».
Se, per concludere, posso annunciare che come Amministrazione implementeremo le unità di strada e le politiche di prossimità, allo stesso tempo voglio ribadire che per raggiungere l’obiettivo serva anche avere una città più viva, aperta, illuminata, in cui si sta più insieme, perché non c’è miglior politica, per la sicurezza, di tante persone che vivono per più tempo e anche in modo diverso i propri spazi e i luoghi pubblici, a partire da strade, piazze e parchi».



