Al porto tutto tace E la riforma zoppica

Andrea AlberiziaPareva tutto risolto. Pareva che si fossero liberati della zavorra. Pareva che da lì in poi nemmeno più un intoppo. Pareva che all’orizzonte si potessero già vedere le draghe al lavoro. Pareva che iniziare a scavare fosse talmente urgente da non dover sprecare nemmeno un giorno a vuoto. Era questo il tenore delle dichiarazioni da molte sedi istituzionali e centri di potere subito prima del siluramento di Galliano Di Marco dall’Autorità portuale e subito dopo la nomina dell’ammiraglio Giuseppe Meli come commissario straordinario. Prima la grande insofferenza per sopportare l’ingegnere che aveva scontentato tutti e poi il grande sollievo per aver rimesso le mani sul giocattolo. Dal 2 marzo sono passati due mesi e mezzo, circa un terzo del semestre di commissariamento (prorogabile, certo) e dei dragaggi non si sente più parlare. Anzi no, il Pri in un evento di campagna elettorale ha alzato la voce dicendo che per il porto servono tempi certi, forse dimenticando di aver avuto la delega Porto della giunta in capo al loro esponente principale, il vicesindaco Giannantonio Mingozzi. A parte l’infelice uscita dell’Edera, per il resto tutto tace. C’è silenzio da via Antico Squero. E anche dalle altre sedi istituzionali. Un torpore che sta anestetizzando il tema porto nonostante la campagna elettorale avrebbe dovuto incendiarlo. Da Confindustria nessuno più spara sui ritardi dell’Autorità portuale. E l’orizzonte lascia più di una perplessità. Ad esempio perché la Commissione speciale del Consiglio di Stato di recente ha reso pubblico il parere sulla riforma della portualità ideata dal ministro Delrio dicendo che questa potrebbe non essere sufficiente a ridare slancio economico al sistema mare dell’Italia, con il rischio, quindi, che si indebolisca o resti incompiuta. Il Consiglio di Stato si è detto preoccupato su due aspetti: quello della governance, in cui si raccomanda di assicurare l’effettiva separazione tra attività di gestione del porto e attività economiche di interesse portuale e quello della semplificazione di organi e poteri intermedi: sul fronte della riorganizzazione potrebbero, infatti, verificarsi duplicazioni dei centri decisionali, con il rischio di aumentarne la frammentazione ed i costi. Non male per qualcosa che doveva migliorare tutto.

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