I piumini omertosi

Andrea AlberiziaNella mesata a cavallo di Natale e Capodanno la guardia di finanza a Ravenna ha concluso due sequestri di abbigliamento tarocco con alcune somiglianze e alcune differenze che stuzzicano riflessioni. La merce era la stessa in entrambi i casi: piumini griffati ma che, dai controlli con la consulenza dei periti delle marche, non sono risultati prodotti originali (si potrebbe aprire un ragionamento infinito su cosa sia autentico e cosa non lo sia nel mondo della moda e chi produca davvero i tarocchi ma ne faremo a meno ora). A metà gennaio stavano nella vetrina di un negozio nelle vie del salotto buono della città, una delle stesse vie dove prima di Natale è stato pizzicato un 35enne senagalese che li teneva in un borsone a tracolla. La provenienza dei capi non è la stessa e i due denunciati non hanno legami. Diversa è stata la reazione alla notizia diffusa dalle testate (in entrambi i casi priva dell’identità dei soggetti coinvolti, non divulgata dalle Fiamme Gialle). A dicembre non c’è stato nessuno che abbia chiesto di non fare di tutta l’erba un fascio per evitare che passasse il messaggio «straniero uguale vucumprà». A gennaio invece appena uscita la notizia tutti a chiedere a gran voce il nome del negoziante. La gente comune perché voleva sapere quale negozio boicottare (o in quale negozio andare, una volta passata la buriana, per trovare l’affare da sfoggiare con la patacca firmata?). Le associazioni di categoria perché se non si sa chi sia il mariuolo poi si danneggia l’immagine di tutta la categoria e a rimetterci sono gli onesti. E infatti Tagiuri, storica realtà dell’abbigliamento, ha voluto dire pubblicamente che con quella storiaccia non c’azzecca. Noi ci siamo messi in testa di trovare quel nome (era già partita la litania contro i soliti giornalisti che sputtanano i povericristi e proteggono i forti). Abbiamo cominciato dalla fonte più ufficiale: la guardia di finanza. Ma non c’è stato modo: bocche cucitissime. Allora siamo andati a bussare nei negozi del centro: quelli più noti, quelli chiacchierati, quelli sospettati. Una decina di visite in un pomeriggio. Vi risparmiamo le risposte singole e saltiamo a un riassunto complessivo: Non sono io il multato, non è così bello che abbiate dei dubbi su di me, non pensateci nemmeno a scrivere il mio nome anche se ripeto che non sono io il multato, non so chi sia il negozio multato, se lo sapessi non ve lo direi, non dovreste essere voi giornalisti a scoprire queste cose? A noi allora resta un dubbio: se la Finanza tace (perchè?), se le associazioni di categoria fanno appelli e nient’altro (tutto qui?), se i negozianti si offendono, il nome sui giornali come ci arriva?

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