Da quando è grippato, il mondo del mattone – gonfiato dalla ipertrofia speculativa e stremato dalla crisi – è una pentola a pressione che bolle e sbotta. Il settore delle costruzioni, pubblico e privato, determinante per il pil locale fra impreditoria diretta e indotto, non solo è imbolsito da migliaia di case invendute (e valori ribassati a due cifre in percentuale) e da lavori pubblici inesistenti, ma quel poco che potrebbe muoversi pare impantanato nelle sabbie mobili delle normative applicate “in punta di virgola“ dalla burocrazia comunale. La plastica dimostrazione è che da tempo non si vede più una gru o una betoniera a perdita d’occhio.
Un certo clima di esasperazione e impotenza è testimoniato e documentato recentemente da vari professionisti del settore e società pronte a investire che, entrati nel tunnel delle scartoffie non vedono quasi mai la luce, e i loro progetti e le loro pratiche ignorate, bloccate o cincischiate per mesi e mesi, se non anni. L’atto d’accusa arriva – registrato dal nostro giornale e da altri mezzi di informazione locale – da architetti, ingegneri, geometri, operatori immobiliari e imprenditori. C’è anche chi pensa (o ha già avanzato) azioni legali contro la pubblica amministrazione, e le emergenze si spostano da un ginepraio all’altro, fino alla giustizia amministrativa, con spreco di energie e risorse. Se si è costruito troppo e male, ora è inammissibile che a farne le spese sia anche l’orizzonte dell’architettura e dell’edilizia rispettosa, magari innovativa e sostenibile, che in disparte ha sempre operato (anche quando si cementificava a capocchia) e ora ambirebbe realizzare nuovi progetti.
Dopo aver “dormito” per anni – generando incubi come Piani Operativi non sempre impeccabili e previdenti e l’attuale regolamento edilizio di 750 pagine (il Rue), di ardua interpretazione anche per i funzionari che lo devono applicare – l’amministrazione comunale si è risvegliata, mettendo in moto commissioni ed esperti che dovrebbero semplificare il mastodonte burocratico e velocizzare le istanze progettuali. Il Comune ha anche ribattuto recentemente alle proteste degli operatori del settore, ammonendo: «meno polemiche e più collaborazione». Peccato che la risposta, prolissa e opaca, sia uno specchio delle inefficienze rilevate, una dichiarazione di impotenza appena venata da vaghi intenti migliorativi.
Ma il tempo è agli sgoccioli, e non può essere una variabile indipendente. O si modifica, armonizzando a monte, il groviglio di leggi e regolamenti, o si applica, a valle, un’interpretazione normativa indirizzata al buon senso e alla pragmaticità.
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