La minoranza? Meglio se esterna

Per chi si aspettava, dopo le primarie tornado che hanno portato alla vittoria di Renzi anche da queste parti, un proliferare di candidature e di sfide locali interne al Pd in vista delle amministrative nei comuni della provincia la delusione deve essere stata cocente. Primarie infatti ci saranno solo ai confini dell’impero, in quel di Conselice, dove si vota domenica 2 febbraio, e a Massa Lombarda (dove in effetti il livello dello scontro pare si stia alzando parecchio) previste invece per il 9. Nei comuni dove i primi cittadini sono al termine del primo mandato, come Alfonsine e Russi, i sindaci corrono per il secondo mandato senza colpo ferire e nei centri più grandi, come Cervia, Lugo e Bagnacavallo (Faenza e Ravenna non votano) le candidature sono unitarie. E sono candidature di assessori attualmente in carica o di segretari locali del partito. Nomi che circolavano già da tempo e che sono stati confermati come se il congresso non ci fosse stato. Un segno di unitarietà del partito? Sicuramente. Qui i renziani, un po’ come in parte avevano fatto al congresso provinciale, si sono accordati con la cosiddetta vecchia guardia (perché anche la giovane età di tutti i candidati non deve trarre in inganno, si tratta appunto comunque di uomini o donne di partito). Un bene? Forse, per chi considera le primarie un momento di frattura e non di crescita e confronto. Ma forse anche un segno di debolezza. Forse il Pd, per la verità come gli altri partiti del centrosinistra, sta dimostrando di non essere il luogo in cui sperimentare l’innovazione. La sensazione è che chi abbia voglia di provarci scelga altre strade, magari la lista civica. Perché? Forse dice qualcosa la vicenda di Bagnacavallo, dove il civatiano Andrea Leggieri aveva annunciato l’intenzione di candidarsi mesi fa per poi rinunciare all’ultimo rendendosi conto di essere solo nel partito, in direzione schierato con la Proni, che lui stesso ora, da bravo militante, sosterrà lealmente. Ma per chi non ha così radicata la disciplina di partito sa bene che qui perdere le primarie significa correre il rischio di scomparire, di non venire riconosciuti il giorno dopo. Al contrario, una lista capace di eleggere rappresentanti potrà avere un peso maggiore sui destini della comunità. Perché se giustamente le primarie non possono essere una scorciatoia o un surrogato del congresso, nemmeno sono fino ad ora servite a produrre un vero dibattito che abbia arricchito l’esito finale (vedere le sorti della Fagnocchi per credere).  E allora, se proprio il Pd non lo si vuole sfidare, meglio comunque fare gli alleati di minoranza che la minoranza di partito.

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