La Ravenna capitale si dimentica del tesoro?

Non serve essere esperti d’arte per restare ammirati dalla grandezza delle opere di Alberto Burri. Basta fare una visita ai meravigliosi ex seccatoi di Città di Castello, per esempio. O semplicemente fidarsi della critica, che lo inserisce ormai da anni tra i più grandi artisti mondiali del secolo scorso. Ulteriore prova ne è la mostra a lui dedicata, inaugurata in questi giorni al Guggenheim di New York, nell’ambito delle celebrazioni del centenario della sua nascita che cade proprio in questo 2015, anno in cui Ravenna come noto è stata designata Capitale italiana della cultura. Una Ravenna che può vantare – così come non certo molte altre città e nell’indifferenza dei più – un’opera di grande dimensioni dello stesso Burri – il “Grande Ferro R” (1990-91) – situata a ridosso del Pala de André e di proprietà del Comune (i più distratti la potranno riconoscere nella fotografia di Adriano Zanni che pubblichiamo a pagina 19 di questo giornale). Un tesoro di arte contemporanea – come lo definisce tra gli altri anche il direttore artistico del Ravenna Festival, Franco Masotti, in una segnalazione di questi giorni su Facebook che qui riprendo volentieri –, nonché quindi bene pubblico, spesso maltrattato (dai cartelli affissi direttamente sopra, fino al suo utilizzo al pari di uno stand nelle più svariate feste che si sono tenute negli anni e continuano a tenersi al Pala De André), per nulla valorizzato.
In qualità anche di ex componente del comitato artistico-organizzativo che ne ha costruito almeno in parte la candidatura, Masotti ci va poi giù pesante: «In fondo è assolutamente giusto che Ravenna non sia stata designata Capitale Europea della Cultura 2019 – scrive sempre su Facebook –. Prevale sempre e comunque il miope calcolo politico». Un errore di valutazione a cui pare che il Comune stia per mettere una pezza («Vi stupiremo», commenta sul social network a tal proposito l’assessore allo Sport Guido Guerrieri, che ha perlomeno appena riportato il Pala De André alla sua funzione sportiva di alto livello, portandoci il basket di A2), ma che è forse emblematico di come, in generale, il patrimonio pubblico, in qualsiasi campo, continui a essere desolatamente poco sfruttato. Prima di pensare a nuovi progetti, verrebbe da dire, riprendiamoci almeno quello che è già nostro.

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