Niente grandi opere ma grandi affari

Andrea AlberiziaNella città in cui le cosiddette grandi opere pubbliche non si vedono da nessuna parte, c’era l’ufficio da dove, stando a ipotesi investigative, si manovravano le leve del giro per la presunta gestione corrotta degli appalti di grandi opere in tutto lo Stivale. È il paradosso di Ravenna al deflagrare dell’inchiesta Sistema: è venuta a galla l’ennesima presunta cricca di faccendieri, contabili e ingegneri, ammanicati con frange della politica e della pubblica amministrazione. Sintetizziamo le ipotesi del pubblico ministero: gli appalti veniva assegnati a chi poi doveva prendere la Spm per la direzione lavori facendo girare soldi che diventavano mazzette. E tutti mangiavano. Ma oltre ai due indagati ravennati – la faentina Lidia Cavina (impiegata commerciale) e il cervese Miro Fiammenghi (ex consigliere regionale del Pd) – del coinvolgimento ravennate colpisce quell’ufficio in una palazzina di via Bovini, in un quartiere di pregio a due passi dal centro. Lì aveva sede la Spm, e con lei tutta una galassia di società collegate, di un ingegnere romano che viveva a Firenze nella villa usata anche per girare uno spot pubblicitario con Julia Roberts. Secondo i magistrati quella Spm era un po’ la chiave di molte manovre e l’ingegnere era il braccio destro di Ercole Incalza, il dirigente pubblico rimasto quattordici anni al ministero delle Infrastrutture dove dominava la struttura tecnica di missione. Non c’è bisogno di essere troppo addentro alle indagini per farsi una domanda: un ingegnere romano che vive a Firenze perché mai apre un ufficio a Ravenna? (domanda valida anche per quella villetta a Marina di Ravenna di proprietà di Primo Greganti). Forse se si cercano le risposte e si parte dai nomi e si tira il filo rosso viene via un elenco di contatti che porta dritto al mondo ravennate della politica e della imprenditoria e della contabilità. Alla fine resta il legittimo timore di un beffa nella beffa: con il caos che ha coinvolto la struttura di missione del ministero, vuoi vedere che la città senza grandi opere vedrà anche allungarsi i tempi dell’unica grande opera che sembrava potesse farsi e cioè il Progettone? (se sia opportuno farlo o meno è tutta un’altra storia…). Se poi stiamo alle ipotesi degli inquirenti – soldi pubblici che finiva a ingrossare le tasche di chi non ne aveva diritto – ci auguriamo che presto qualcuno ci dica che non c’è da preoccuparsi se il ministro Maurizio Lupi, ora nella bufera, aveva da poco portato il Progettone a Bruxelles per chiedere 29 milioni di contributi europei.

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