Non è buonismo è la legge

L’agosto ravennate è stato scosso dal caso della poliziotta che si è sfogata sul web contro parcheggiatori abusivi e presunti “finti profughi” con toni particolarmente violenti e a tratti razzisti e che per questo rischia provvedimenti disciplinari. Un piccolo incidente in una città di provincia dove per il resto non è successo granché. Ma che è servito a dare la stura a commenti e prese di posizioni che hanno travalicato qualsiasi accettabile base di dialogo civile dando fondo a un razzismo violento e becero sul web. Lo abbiamo visto sul nostro sito, lo abbiamo visto sulla nostra pagina Facebook, per la verità l’hanno visto un po’ tutti. La stessa cosa, grossomodo, che era successa quando abbiamo pubblicato la notizia della cassiera accusata di aver rivolto minacce e insulti razzisti a due clienti di colore. Anche lì, una valanga di livore senza argini contro le presunte vittime. In tutto questo, anche il nostro territorio si trova a gestire un numero di profughi e richiedenti asilo in aumento e sarà coinvolto in un progetto di accoglienza dei minori non accompagnati. Questioni importanti, che riguardano vite umane e i loro destini e che si intrecciano con una società, la nostra, che sembra sempre più spaventata dall’idea di essere solidale, in cui la parola “buonismo” ormai etichetta anche chi, banalmente, cerca di difendere lo stato di diritto così come lo conosciamo, che tutela i profughi e punisce l’istigazione all’odio razziale. Il dibattito su temi così complessi sta quindi scivolando vero una banalizzazione e rischia di non fare un passo avanti, semmai indietro. Basti pensare che ancora nel 2016 vediamo gridare al rischio delle “classi ghetto” solo perché sei o sette bambini di una prima media hanno cognomi stranieri (e nonostante questi abbiano magari frequentato le elementari in Italia e parlino la lingua patria meglio di tanti cittadini italiani di nascita). A quando un passo avanti? Quando capiremo tutti che le parole pubbliche sono importanti, che lo sono i comportamenti quotidiani, che non sono affatto gli stranieri a portarci via la nostra cultura ma che siamo noi a metterla a repentaglio ogni volta che ci facciamo accecare dalla retorica, che trasformiamo la questione dei cosiddetti parcheggiatori abusivi nella madre di tutte le battaglie invece che chiederci come far sì, per esempio, che i minori non accompagnati che arrivano qui possano intraprendere un percorso che li porti alla possibilità di una vita dignitosa? Su questo fronte i primi segnali dalla nuova giunta e dal sindaco sono incoraggianti. E la speranza è che la maggioranza silenziosa della cittadinanza in fondo ripudi ogni forma di razzismo. Anche se è sempre più difficile da credere.

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