Passatisti, prevenuti e chissenefrega

Fausto PiazzaGinna e Corra, i due artisti futuristi ravennati, si saranno rivoltati nella tomba, di fronte a certi commenti o considerazioni sull’arte di strada, o contemporanea che dir si voglia, innescate recentemente dalle provocatorie incursioni a Ravenna di tal Invader. I fratelli Ginanni-Corradini, agli albori del Novecento combatterono l’originaria battaglia della prima avanguardia storica portando avanti la parola d’ordine della rivoluzione contro la conservazione: «L’Italia, più di qualunque altro paese, aveva un bisogno urgente di Futurismo, poiché moriva di passatismo» scrisse Marinetti. Prima di loro anche gli impressionisti negli ottocenteschi salon parigini avevano rischiato di vedere distrutte le loro opere, perché non piacevano ai cultori dell’Accademia. Ai futuristi antipassatisti seguirono dadaisti e surrealisti che a ogni mostra o esibizione pubblica rischiavano la rissa, poi furono incompresi gli “sgorbi“ di Picasso e le “sbrodolature” di Pollock, fino alla scandalosa “merda d’artista” di Piero Manzoni. Il resto è appena ieri con altre dannazioni e rivalutazioni: Andy Wharol e la pop art, i graffittisti come Keith Haring e J-M Basquiat, il beffardo Banksi… In fondo, le secolari vicende dell’invenzione artistica sono un susseguirsi di artisti fuori di testa e opere rivoluzionarie o sconcertanti, un continuo palinsesto dove l’orizzonte presente viene cancellato per essere rivisto coi segni del futuro. Questo ci insegna che sulle questioni dell’arte e dell’estetica bisognerebbe essere un po’ più prudenti e un po’ più informati e rispettosi. Ammesso e non concesso si voglia scadere in pregiudizievoli stupidaggini come «È bello ciò che piace» o in opportunismi ideologici. Ed è anche inutile appellarsi ad una infallibile autorità superiore come la Soprintendenza alle Belle Arti che non è sempre detto sappia che pesci pigliare. Vedi il caso del tutto bizantino della basilica di Sant’Apollinare Nuovo dove negli anni Cinquanta fu ricostruita un’ipotetica abside tardo antica, tanto ideale quanto neutrale, per nascondere con pareti fittizzie quella reale rimaneggiata nel periodo barocco. Fino a quando, quasi mezzo secolo dopo (fine anni Novanta) sulla base di nuove teorie dell’evidenza delle sedimentazioni storiche sui monumenti fu risvelata e restaurata l’abside del XVII secolo. Fortunatamente nulla era andato perduto.
Forse gli unici che hanno le idee chiare, e inconsapevolmente sospendono il giudizio, sono quelli che se ne fregano e, al di là di pregiudizi e ignoranza, guardano e passano oltre le “piastrelle” di Invader, perché hanno altro a cui pensare. Che sono poi la stragrande maggioranza.

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