In fondo non ci avevamo neppure sperato, che davvero potessimo ritrovarci con una giunta costruita sulla base esclusivamente delle competenze e non frutto di appartenenze politiche o di accordi pre-elettorali. In fondo, il sindaco è pur sempre il segretario provinciale del Partito democratico e quindi il primo dei politici locali a dover usare l’arte della diplomazia, dei compromessi. Il più grosso, quello che davvero in uno slancio di ottimismo forse non ci aspettavamo, nella nostra ingenuità, è la conferma nel ruolo di vicesindaco di Eugenio Fusignani del Pri. Non ce n’è uno, tra i diversi esponenti del Pd locale con cui ho avuto modo di parlare dopo la nomina, che ne sia felice. Un vero paradosso, se si pensa che in effetti a decidere è stato lo stesso Pd, totalmente autosufficiente tra l’altro da queste parti, senza nessun bisogno di tenersi stretto il Pri. Ovviamente qui non si sta dando un giudizio sulla persona, ci mancherebbe, ma su questo misterioso accordo non scritto che fa sì che Ravenna nel nuovo secolo sia stata costretta ad avere avuto solo vicesindaci repubblicani (tra l’altro due in tutto, alla faccia del cambiamento), tranne quei pochi mesi in cui di un vicesindaco ce n’era davvero bisogno, certo, senza Michele de Pascale.
L’unica sorpresa di cui probabilmente ci si può rallegrare è la nomina di Roberta Mazzoni, una dirigente Ausl, alla Sanità, ma che inizierà a lavorare in giunta solo una volta andata in pensione (sigh), a fine anno. L’altra (e ultima) sorpresa è la giovanissima Hiba Alif, di cui si è parlato solo per i commenti razzisti sui social (credo non ci sia neanche bisogno di stigmatizzare ed esprimere la nostra solidarietà, comunque lo faccio di nuovo, a nome di tutta la redazione), ma che pare rappresentare soprattutto una scommessa all’insegna del politically correct, del largo ai giovani (in questo caso inevitabilmente senza alcuna esperienza) quando in realtà il segnale che arriva dalla giunta è tutto il contrario. Un metodo da vecchia politica che non può fare altro che allontanare ulteriormente i cittadini, nonostante sia stato perfezionato da un sindaco che appena eletto si era dichiarato angosciato per l’astensione e disposto a tutto pur di invertire la rotta. E che ora presenta invece una giunta che potrebbe benissimo essere composta da soli quattro uomini (più una pensionata…): il sindaco stesso, il vicesindaco di cui sopra, il riconfermato assessore Sbaraglia e Cameliani, che torna in giunta per il terzo mandato, dopo la parentesi alla presidenza del consiglio comunale (sempre alla faccia del cambiamento, ma è il risultato della malsana pratica di candidare potenziali assessori…). Le deleghe più pesanti sono tutte le loro. Per le altre sarebbe bastato forse solo un altro assessore, magari due. E invece sono state abilmente suddivise tra donne (pre potersi vantare della «prima giunta con più assessore che assessori») e alleati.
Forse forse, in definitiva, dobbiamo ammettere che è andata anche peggio di qualsiasi previsione. Certo – è bene ribadirlo -, questa è un’analisi sul metodo, non un giudizio sulle singole persone che compongono la giunta, che fortunatamente sono invece sempre quelle che fanno la differenza. Lo speriamo. E buon lavoro…