Tra fondazioni e sovvenzioni

Fausto PiazzaAlcuni mesi fa – proprio su questo commentario – avevo registrato una certa inquietudine fra gli operatori culturali ravennati, reduci dalla parabola di “Rav­en­na 2019”, dal logoramento del “sistema delle convenzioni” e incerti sulle strategie della “nuova” amministrazione comunale. Confortato dalle riflessioni raccolte in una conversazione con un artista consapevole come Marco Martinelli, avevo immaginato che in una tale fase di transizione sarebbe stato sano e utile aprire un “discorso pubblico” sul futuro delle nostre istituzioni culturali. Non solo quelle grandi e celebrate ma anche quelle piccole e collaterali che erano cresciute nel frattempo – di quasi vent’anni. Spesso guadagnandosi anche una fama oltre i limiti della provincia e in certi casi pure della nazione.
Ma c’è sempre un tempo per cui non conviene e comunque è meglio attendere. Così mi sono rassegnato al fatto che il tempo non era ancora maturo.
Data la crisi delle finanze pubbliche e “private”, quelle delle fondazioni bancarie (a casa nostra sono la Cassa di Risparmio e Del Monte) che erogano cospicue sovvenzioni a scopo sociale e culturale, però, è evidente che è giunta l’ora delle scelte. Chi consolidare e chi tralasciare di fronte alla “torta” delle risorse sempre più ristretta?
A questa domanda servirebbe, per chi ne compete, presto, una risposta pubblica e trasparente. Anche nei tempi, per rispetto di chi deve pianificare le proprie attività e avere la possibilità di decidere se e come impegnarsi nel prossimo futuro. Il nostro territorio vanta una grande ricchezza, costituita nel tempo, di notevoli patrimoni artistici e culturali tradizionali – monumenti, collezioni, musei, biblioteche – ma anche una fertile intraprendenza innovativa, di ricerca, in campo teatrale, coreutico, musicale, letterario con primati e riconoscimenti oltreconfine. Anche se non sempre recepiti nel valore. La tendenza, almeno per quanto riguarda gli indirizzi delle fondazioni bancarie – che negli ultimi anni di esercizio hanno a dir poco dimezzato sovvenzioni consuete a istituzioni, associazioni e specifici progetti culturali – ora sembra orientata a privilegiare la museificazione piuttosto che la dinamica trasversale delle arti performative. Si sussurra che a Faenza la Fondazione Cassa di Risparmio abbia “salvato” coi suoi emolumenti il Museo delle Ceramiche ma non più sostenuto l’attività del Teatro Masini. Se fosse questa la strategia per i prossimi anni bisognerebbe interrogarsi.
Come si diceva, visto che si tratta di soldi pubblici, sarebbe bene anche discuterne apertamente e pubblicamente.

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