Ci può essere qualcosa di più triste di una scuola elementare che chiude? Non c’è bisogno di essere esperti di urbanistica e sociologia per vedere quanto le scuole siano una cartina di tornasole dei cambiamenti anagrafici, economici, sociali. E quando la primaria più antica di Ravenna, l’unica pubblica nel cuore della città, non riesce a fare una classe prima le riflessioni possibili sono davvero molte.
Il punto di partenza è che a Ravenna, come nel resto di Italia le nascite stanno subendo un calo drastico e costante da anni e quindi ci sono sempre meno bambini. Di questi bambini, sempre meno vivono nel centro storico e una parte di quelli che ci vivono hanno famiglie che magari scelgono le vicine scuole private, o famiglie che preferiscono comunque altre scuole. Tra le ragioni c’è anche che arrivare in auto, anche solo vicino, al Mordani è diventato sempre più difficile, fattore non secondario nella vita quotidiana di chi deve portare e andare a prendere i figli da scuola.
Quindi, come ovviare alla mancanza di iscrizioni? Sicuramente si può chiedere al Governo di ridurre il numero minimo di bambini necessario per formare una classe, ma al momento non si prefigura nulla di simile e di certo non si può costringere nessuno a mandare i figli dove non vogliono mandarli.
Lo sdegno e la sollevazione di maestre, genitori, sindacati e parte dell’opposizione per la decisione di trasferire le ormai poche (e se non si inverte il trend, in ulteriore diminuzione) classi del Mordani negli spazi che rischiano di restare altrettanto vuoti della media Guido Novello è comprensibile. Sentimentalmente comprensibile. L’edificio che ospita la scuola elementare è bellissimo, è un patrimonio anche di chi non l’ha frequentata né ci manda i figli, è un pezzo di città e di cuore ravennate. Mantenerlo come scuola elementare non può che essere il desiderio di tutti. Ma se non ci sono abbastanza bambini, se tante famiglie con figli per una lunga serie di ragioni vivono ormai ai margini del centro e preferiscono le peraltro altrettanto ottime scuole della primissima periferia, non rischiamo solo di rimandare di qualche anno un destino ormai segnato?
Allora, detto tutto questo, forse l’obiettivo primario potrebbe essere proprio quello di far sì che la scuola Mordani resti una scuola. Non si trasformi in uffici pubblici e nemmeno una sede universitaria. Insediarci la media Damiano (che dal 2027 resterà senza più la sua sede di via Ghiselli) vorrebbe almeno dire salvare la vocazione dell’edificio e portare centinaia di preadolescenti in un luogo di grande bellezza. Certo, esiste la questione logistica e ovviamente c’è il rischio che inizi a svuotarsi anche la futura Damiano, ma i ragazzini delle medie sono più autonomi, vanno o dovrebbero andare a scuola soprattutto da soli, e il Comune sarà direttamente chiamato in causa a organizzare una logistica e una mobilità intorno alla scuola che risponda alle nuove esigenze (per non parlare di quella intorno alla “nuova” Novello che includerà anche le elementari). Di questo bisognerà chiedere conto senza fare sconti.
Ma almeno il Mordani resterà la sede di un’ottima scuola pubblica quale è oggi la Damiano che in questo modo non perderà la propria autonomia. Il Comune poteva comunicarlo meglio? Sicuramente. Si poteva trovare una soluzione percorribile migliore? Ecco, su questo i dubbi sono legittimi.


