Un anno dopo l’alluvione, tra prevenzione e pianificazione

Sono decine gli eventi che in questi giorni vogliono ricordare l’alluvione di un anno fa, in particolar modo lo spirito di comunità che si è creato nel corso del disastro. Un anno dopo, la maggior parte dei rimborsi ad aziende e privati deve ancora arrivare, e non c’erano dubbi purtroppo, considerata l’esperienza di altre catastrofi naturali che hanno colpito la regione e l’Italia tutta in passato. Qui la tentazione è di buttarla in politica, ma credo che siano davvero pochi quelli che possono dirsi immuni da colpe, più o meno dirette, destra o sinistra che sia.

A parte i fin troppo evidenti ritardi e scivoloni del Governo, fa sorridere che il presidente Bonaccini, per esempio, in un impeto di campagna elettorale anticipata abbia tuonato nelle scorse settimane contro nuove costruzioni nelle zone alluvionate (a Faenza e Castel Bolognese sono state bloccate nuove urbanizzazioni contestate dagli ambientalisti, che per una volta hanno potuto esultare), dopo anni di tranquillo governo che hanno portato l’Emilia-Romagna a essere tra le regioni più cementificate d’Italia. E fa sorridere che serva ora un Piano speciale post alluvione, in fase di definizione – un anno dopo, ribadiamo, è ancora in fase di definizione – per giungere a conclusioni tipo (cito testualmente): “dare più spazio ai fiumi”, “potenziare la laminazione” o prevedere “la realizzazione e il completamento delle casse di espansione”, come se davvero non fossero problemi già noti prima dell’alluvione. Un piano che prevede – appunto – «misure temporanee di salvaguardia per impedire l’aumento del carico urbanistico, escludendo nuove costruzioni nelle aree allagate, o a rischio frana, al di fuori del perimetro urbanizzato». Come se prima non si potessero prevedere, le areee a rischio allagamenti.

Nel frattempo, è arrivata in questi giorni una nota dell’ordine degli Agronomi e dei Forestali che accusano di essere ancora poco coinvolti da Comuni ed enti nella cura del territorio e del paesaggio, sottolineando l’importanza del loro lavoro in termini di prevenzione.

E intanto nel Comune di Ravenna il mitologico Pug sembra quasi essere in attesa di approvazione per poter dare la possibilità a tutti di completare quello che avevano iniziato a cementificare – si fa per dire -, mentre si continua per esempio a ignorare la subsidenza del litorale, provocata anche dalle estrazioni nell’Adriatico, per cui si è chiesto a più riprese una ripartenza.

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