Una scazzottata tra bulletti in cortile

Andrea AlberiziaA un certo punto, dopo averlo scelto quattro anni prima e poi tanto amato al punto da lisciargli il pelo perché non cedesse a ipotetiche sirene di un incarico triestino, hanno deciso che basta, non lo volevano più tra i piedi e se ne sarebbero sbarazzati. Croce sopra. E così hanno fatto, con buona pace dei cosiddetti rapporti di buon vicinato fra istituzioni. Basta un po’ di onestà intellettuale per arrivare a dire, senza timori di smentite, che il ben servito dato a Galliano Di Marco, presidente dell’Autorità portuale dal 2011 fino allo scorso 3 marzo, è stata una pagina piuttosto volgare della scena pubblica cittadina. L’operazione condotta dagli amministratori locali, a capo della cordata quelli di Palazzo Merlato con la guardia pretoriana dalle stanze piddine di viale della Lirica, è andata ben oltre la linea che segna il confine dello stile. Confine forse scavallato in passato anche dall’ingegnere abruzzese quando cominciò a entrare a gamba tesa su ogni figura pubblica poco incline a sposare le sue linee. Spingere per la non conferma rientrava a pieno nel ventaglio di possibilità a disposizione del Comune. Ma annunciare alla stampa il commissariamento prima che lo stesso Di Marco lo sapesse dal ministro che firmò la sua nomina, facendo sì che imparasse dai giornali quello che comunque era lucido a sufficienza per aver ampiamente preventivato, è stata una cafonata. Arrivata al termine di mesi di avvilente teatrino. Da chi impugna le leve del governo di una comunità, sia sul fronte politico che su quello economico, e per le responsabilità che ricopre è anche adeguatamente retribuito, ci sarebbe da aspettarsi una capacità di risolvere i conflitti che vada un po’ oltre la modalità scazzottata tra bulletti in cortile. Invece a questo abbiamo assistito. Piazza del Popolo, via Antico Squero e via Barbiani sono diventati gli estremi di un triangolo dove si è combattuta una guerra in cui tutti assicuravano di agire per il bene supremo della città e della comunità ma, nella migliore delle ipotesi, non è quello che hanno ottenuto e per qualcuno è proprio sembrato che volesse tutelare più gli interessi di parte che altro. Quello che forse non avevano calcolato nella santa alleanza contro Di Marco è che ora in giro per la città c’è una mina vagante, o libero cittadino se preferite: un ex presidente incarognito a briglia sciolta. Se fosse lui la variabile inattesa e imprevista a scuotere una campagna elettorale soporifera dove il Pd ha già messo in fresco una bottiglia di quello buono?

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