mercoledì
05 Novembre 2025
AMBIENTE

L’antica tecnica agricola (nata in Romagna) che potrebbe salvare l’ambiente

La "coltura promiscua" assorbiva anidride carbonica e migliorava la biodiversità. Uno studio statunitense invita a recuperarla.

Condividi

L’agricoltura del passato inquinava meno, ma produceva anche meno. Oggi però è possibile recuperare antiche tecniche di coltivazione per ridurre l’impatto ambientale di questo settore, senza sacrificare la quantità di cibo. L’invito arriva dal Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti università del mondo, che ha effettuato uno studio proprio sulle campagne emiliano-romagnole. La ricerca, portata avanti insieme all’Università di Milano e pubblicata sulla rivista Scientific Reports, spiega come l’intero territorio della pianura padana, da una delle aree più inquinate d’Europa per la concentrazione di gas serra, potrebbe diventare un laboratorio di sostenibilità grazie al ripristino della “coltura promiscua”, un’antica tecnica agricola fondata sulla coltivazione di più specie.

Cos’è la coltura promiscua

La coltura promiscua prevedeva di combinare alberi, cereali, viti, ortaggi e foraggi sullo stesso campo. Si trattava di un metodo molto diffuso in Italia, tanto da essere definito anche col termine “coltivazione all’italiana”, che mescolava specie annuali e perenni per ottimizzare l’uso del suolo e creare un ambiente rurale diversificato. Un esempio classico è la cosiddetta “piantata padana“, dove alberi come il pioppo venivano usati come supporto per la vite, e ai loro piedi venivano coltivati cereali o foraggi.

Lo studio del Mit e dell’Università di Milano ha ricostruito le origini di questa tecnica, nata proprio nelle province emiliano-romagnole. Le prime testimonianze di questa pratica risalgono al Medioevo: i ricercatori hanno dimostrato che per secoli la coltura promiscua ha rappresentato la forma prevalente di organizzazione agricola in Emilia-Romagna e Lombardia. Nel 19° secolo la superficie coltivata con questa tecnica si estendeva per almeno 1,9 milioni di ettari, rendendo la pianura padana una delle più vaste superfici agroforestali d’Europa a quei tempi. Ma l’avvento della modernità nel Novecento, tra riforme agrarie, urbanizzazione sfrenata e meccanizzazione agricola, ha segnato il declino della coltura promiscua a favore delle monocolture intensive. I ricercatori hanno calcolato la sua scomparsa nel 97% delle superfici agricole del nostro territorio tra il 1929 e il 2024. Oltre all’inquinamento, questo ha comportato una grave perdita di diversità nel paesaggio.

Abbattere il 12% di anidride carbonica coltivando

Già da alcuni anni si sta riscoprendo l’importanza della coltura promiscua per la sostenibilità ambientale, e lo studio del Mit ne conferma l’importanza per l’agroecologia. Combinando le fonti storiche con la tecnologia informatica, i ricercatori hanno stimato che la coltura promiscua era in grado di immagazzinare circa 75 tonnellate di carbonio per ogni ettaro di terreno agricolo. E se recuperata, potrebbe contribuire concretamente alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica fino al 12%. Un dato molto più elevato rispetto alla semplice piantumazione degli alberi, che per raggiungere lo stesso obiettivo richiederebbe di convertire in foresta almeno un quarto delle superfici agricole attualmente coltivate, penalizzando di conseguenza la produzione di cibo che è però un’esigenza primaria. Invece con la coltura promiscua non solo si assorbirebbe CO2, ma si continuerebbe a produrre frutta e verdura senza compromettere le quantità, grazie all’aiuto delle tecnologie agricole sviluppate nell’ultimo mezzo secolo.

La pianura padana è l’area più inquinata d’Europa

La pianura padana, di cui fa parte anche una buona percentuale delle province di Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena, a causa della sua conformazione geografica chiusa tra Alpi e Appennini è vittima di una scarsa circolazione dell’aria. Questo favorisce l’accumulo di polveri sottili e sostanze climalteranti, compromettendo la salute dei suoi abitanti. Inoltre in questo territorio il settore agricolo produce circa il 55% delle emissioni complessive di gas serra di tutta l’agricoltura italiana, con un contributo significativo di anidride carbonica. «In questo contesto così critico – afferma il coordinatore dello studio Filippo Brandolini – restaurare la coltura promiscua non solo aumenterebbe la capacità di stoccaggio del carbonio atmosferico, ma apporterebbe anche molteplici benefici ambientali tipici dei sistemi agroforestali: migliorare la fertilità del suolo, ridurre i fenomeni erosivi, regolare i cicli idrici, favorire la biodiversità vegetale e animale, sostenere gli impollinatori, limitare l’impatto dei parassiti, migliorare la qualità dell’aria e contribuire alla regolazione del microclima rurale».

Brandolini aggiunge che «oltre al contributo ecologico, la coltura promiscua rappresenta anche un patrimonio culturale e identitario; un paesaggio storico che ha dato forma all’ambiente rurale e alle comunità della pianura padana. La sua scomparsa non ha significato soltanto perdita di biodiversità e capacità ecologica, ma anche una frattura culturale nella trasmissione del sapere agricolo tradizionale».

«Questa ricerca dimostra che le conoscenze rurali tradizionali, spesso considerate obsolete, possono tornare a essere strumenti cruciali per costruire un’agricoltura più sostenibile e resiliente», conclude lo studioso. «Sostenere il recupero della coltura promiscua non rappresenta un nostalgico ritorno al passato, bensì un passo verso un’agricoltura multifunzionale e rigenerativa capace di coniugare produttività, resilienza e sostenibilità ambientale e potrebbe trasformare questo territorio da epicentro dell’inquinamento a laboratorio di soluzioni climatiche innovative». Chissà se questo territorio, dove la coltura promiscua è prima nata e poi è stata abbandonata, non diventi anche il luogo da cui partire per rimetterla in pratica.

Condividi
CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

Palazzo Sidera, nuova sede Cia-Conad, vince un premio internazionale di architettura

La cerimonia di consegna a Parigi. Il progetto è di Tissellistudioarchitetti

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi