«L’arginatura del Montone è fragile ma la priorità resta il fiume Senio»

Claudio Miccoli, dirigente dellla Regione per il Bacino della Romagna, stima in 100 milioni il costo della messa in sicurezza del territorio

fiume SenioPoteva andare peggio, molto peggio, se non si fossero fatti interventi sulla rete idrica. E questo dimostra che bisogna continuare a farne. Ne è convinto il dirigente del servizio tecnico di Bacino Romagna per la Regione, il ravennate Claudio Miccoli.

L’esperto di problemi idraulici, già assessore ai Lavori pubblici per il Comune di Ravenna negli anni Novanta, sottolinea come i danni provocati da questa alluvione siano stati molto più contenuti rispetto a quello che successe nell’ottobre 1996, ma che insiste sulla necessità di guardare al futuro perché, dice, nel territorio non mancano situazioni di vero pericolo.

«Istituzioni e mass media – ci spiega – non vogliono parlare del rischio, mentre sarebbe bene non temere di impaurire la gente, dicendo la verità, per far capire quanto è necessario investire in sicurezza e quanto conviene, soprattutto in un bacino subsidente con molte zone al di sotto del livello del mare». Una convenienza anche economica, insiste. «Basti dire che per il Bevano, dopo il disastro del 96, abbiamo speso 5,5 milioni di euro per il rifacimento e l’adeguamento dell’arginatura dal Dismano all’Adriatica e questo ha evitato rotture nei giorni scorsi e possibili danni enormi».

Montone a San MarcoTra i fiumi critici nel ravennate c’è, da sempre e storicamente, il Montone con un punto di particolare fragilità alla Chiusa di San Marco. «Interveniamo dal 1985 ma stiamo procedendo per stralci, perché mancano i finanziamenti, in tutto non avremo speso più di 10 milioni di euro in trent’anni. Con altri 15 o 20 potremmo mettere in sicurezza del tutto il fiume. Le arginature non permettono di stare tranquilli per la conformazione». C’è poi il tema dell’urbanistica: solo da pochi anni nel dare i permessi di costruzione si tiene conto di una fascia di rispetto per i fiumi. Il problema è quanto mai concreto nella bassa lughese, da Fusignano ad Alfonsine fino a Cotignola e in generale, spiega sempre Miccoli, in tutte le zone vicino a fiumi pensili, dove cioè gli argini sono più alti della zona circostante «e in caso di rottura si rischia il dramma vero, si rischia di non contare i morti». Per aumentare esponenzialmente i danni e il rischio sarebbe bastato che un evento meteorologico come questo si fosse verficato in aprile: «Il fatto che da metà bacino in su abbia nevicato significa che in pianura è arrivato il 50 percento di quanto sarebbe potuto arrivare se avesse piovuto dappertutto».

idrovora LavezzolaNon a caso l’intervento sul Senio, con la realizzazione delle relative casse di espansione, è considerato in Regione il secondo intervento più urgente da realizzare, dopo il nodo di Modena. Miccoli stima in una cifra intorno ai 100 milioni per mettere in sicurezza tutta la Romagna, fondi che non possono essere reperiti in un bilancio regionale e che devono quindi necessariamente arrivare dalla fiscalità generale gestita dallo Stato. Nel decreto “sblocca Italia“ c’è un’ipotesi di 30-35 milioni l’anno per dieci anni per l’intera regione. A fine aprile ci sarà la certezza, entro l’anno potrebbero essere poi appaltati i lavori.

E la costa? Il mare? «Si sono avute onde sopra i quattro metri, ma sarebbe potuto andare anche peggio perché la marea sarebbe potuta essere anche più alta. In questi casi, per impedire l’ingresso nell’abitato non c’è altra scelta che opere di protezione e contenimento e scogliere emerse in acqua». La subsidenza? «Un fatto da cui non si può tornare indietro. Si può solo cercare di contenere il fenomeno».

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