L’amico dei foreign fighter «Dodici sono partiti da Ravenna»

Le rivelazioni di chi conosceva anche l’arrestato diretto in Siria «Volevano diventare ricchi e ora credono di trasformarsi in eroi»

«Dimenticatevi i terroristi con la barba lunga. Dimenticatevi della shashia, il copricapo tradizionale dei musulmani del nord Africa. Dimenticatevi del niqab, del chador, del burqa o di qualsiasi velo che copra i capelli e il volto. Dimenticatevi delle cinque preghiere quotidiane, in ginocchio rivolti alla Mecca. Dimenticatevi dell’astinenza da alcol e droghe. Dimenticatevi il divieto di fare del male al più debole e di uccidere. Dimenticatevi insomma tutti i pilastri dell’Islam e vedrete chi sono i veri foreign fighter. Se cercate ancora combattenti islamici con la barba lunga e il turbante non li troverete mai». A sette mesi dalla nostra prima inchiesta sull’arruolamento di combattenti dell’Isis da Ravenna siamo tornati nei luoghi dove passavano molto del loro tempo quelli che poi sarebbero diventati jihadisti.

All’epoca a molti pareva impossibile, oggi invece sono emersi casi concreti e c’è stato anche un arresto, quello del ventisettenne Noussair Louati sospettato di voler partire per raggiungere la Siria e abbracciare la bandiera del Califfato. Abbiamo incontrato un connazionale di Louati, un giovane in città da tempo che conosceva bene non solo lui ma anche diversi degli altri ragazzi partiti per il fronte siriano e con loro frequentava spesso gli stessi luoghi di ritrovo. Secondo le indagini della Digos sarebbero sei i foreign fighter con trascorsi nel nostro territorio, ma altri sono giunti in città senza documenti, per poi ripartire, scomparendo definitivamente senza lasciare traccia. Secondo il nostro contatto il conto corretto da fare è di dodici persone: si sarebbero arruolati nell’Isis tutti tra il 2012 e il 2013.

Arruolati da Ravenna in tempi recenti?
«Dopo gli attentati alle moschee sciite nel 2014 è diventato più complicato partire per la Siria, perché si sapeva che il governo tunisino non ti avrebbe più fatto rientrare. So di diverse persone che sono là e che ora vorrebbero tornare in Tunisia, ma non possono perché sarebbero subito messi in carcere».

Louati e gli altri qui erano conosciuti?
«Voi vi immaginate ancora i foreign fighter girare come integralisti islamici che fanno parte di una comunità religiosa. Louati non era mai entrato nella moschea di Ravenna. Non la frequenta nessuno del giro di chi vuole partire per l’Isis».

Ma sono fondamentalisti islamici…
«Certo, vedono in Dio la salvezza. Non sono riusciti a realizzare i propri sogni, sono depressi, e trovano lì un nuovo modo di realizzarsi. Si chiudono in se stessi e l’estremismo gli permette di creare un mondo alternativo nella loro testa. Ti assicuro che se avessero avuto modo di comprarsi una Lamborghini non sarebbero mai diventati estremisti. Il problema è che sognavano di diventare ricchi e importanti e non ci sono riusciti, così credono che diventando martiri dell’Isis diventeranno eroi ed avranno il paradiso, le vergini e tutto il resto».

Ma come si spiega che bevono alcol e si ubriacano? Non è incoerente per un islamico?
«Certo che è incoerente. Se lo chiedevi a Louati ti avrebbe risposto che lui pregava ogni giorno Dio per dargli la forza di smettere, ma intanto continuava. Ma non bevono solo, si drogano anche. Si drogavano qui e continuano a farlo là. Credi che chi combatte in Siria non si droghi? Li stordiscono bene prima dei combattimenti, anfetamine e cocaina, per dargli il coraggio di fare cose che altrimenti non farebbero».

Se tu oggi volessi andare nello Stato Islamico a combattere come faresti?
«Vai in Turchia e poi passi il confine, come fanno tutti. Posso arrivare a Istanbul con un volo di linea da 50 euro da Bologna». Ma è così semplice passare il confine? «Fa comodo a tutti mandare gli integralisti là. Gli Stati europei si liberano di loro, che altrimenti rimarrebbero qui. Il governo turco invece li lascia passare perché l’Isis combatte contro i curdi, “infedeli” da sempre odiati dai turchi».

Tornando in Italia, tu pensi che gli integralisti che non riescono a partire per l’Isis e rimangono a Ravenna potrebbero essere pericolosi e organizzare attentati?
«Come potrebbero farlo? Con che mezzi? Per fare attentati ci vuole una organizzazione che non hanno. Ci vogliono soldi. La differenza tra Al Quaeda e l’Isis è che Al Quaeda era un’idea diffusa per il mondo, e quindi una serie di piccoli gruppi più o meno organizzati, l’Isis è uno Stato. L’Isis ha bisogno di braccia per combattere e cerca di portare più persone possibili lì. Non mandano soldi o armi in giro per il mondo perché stanno combattendo una guerra».

Allora come ti spieghi gli attentati in Europa e in nord Africa?
«Si tratta di pazzi isolati. In Tunisia era un ragazzo fatto di cocaina che è andato in spiaggia con un kalashnikov e si è messo a sparare. È un folle, una cosa del genere non si può prevedere ovviamente e potrebbe succedere ovunque, ma potrebbe succedere anche se quel matto non è musulmano. È successo con uno studente americano in un campus, molte volte. In Tunisia hanno dato la colpa all’Isis, in America a cosa? Ai videogiochi violenti? Sono pazzi armati, punto e basta. Il problema non è l’ideologia in quel caso, ma la facilità a reperire le armi».

Una informativa della polizia ha segnalato una serie di luoghi a rischio attentati, tra cui ci sarebbe anche la tomba di Dante, che ha messo Maometto all’Inferno nella Divina Commedia.
(ride) «Prova a chiedere a un italiano dove è la tomba di Dante. Non saprà dirti nemmeno se è a Ravenna, a Firenze o a Roma. Credi che un tipo come Louati sappia chi è Dante?».

Sapevi che Ravenna è stata dichiarata la città italiana dove si sono arruolati più foreign fighters?
«Sì, l’ho letto su Facebook».

Qual è stato secondo te il ruolo di Roberto Cerantonio Musa, l’italiano convertito all’Islam divenuto reclutatore dell’Isis, e passato anche da Ravenna nel 2012 per un incontro?
«Non mi risulta che abbia avuto un ruolo determinante. Louati e gli altri non erano frequentatori della moschea o incontri del genere».

Musa venne in città proprio per un incontro organizzato dal Centro di cultura e studi islamici della Romagna della Moschea di Ravenna. Possibile che non sapessero che era un personaggio pericoloso?
«La moschea di Ravenna è stata realizzata anche con denaro proveniente da altri paesi del medioriente. Può essere che Musa fosse stato “raccomandato” da qualche finanziatore della moschea. Ma nel 2012 Musa non era ancora così noto come è diventato poi, non era un nome conosciuto per il proprio estremismo, era un italiano convertito».

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