Al massimo dieci per ogni edificio, possibilmente impegnati in lavori di pubblica utilità e nessuna deroga al tetto di dieci per gli alberghi: sono i suggerimenti del sindaco di Ravenna, Fabrizio Matteucci, per definire l’accoglienza in provincia degli stranieri richiedenti protezione internazionale gestita dalla prefettura. Il 18 settembre è scaduto il termine entro cui i privati potevano comunicare alla prefettura la propria disponibilità di posti in vista di future convenzioni dirette da siglare con i privati quando la rete nazionale di gestione dell’emergenza immigrazione assegnerà nuovi migranti alla provincia di Ravenna (si stima possano essere circa duecento). I 77 posti letto messi a disposizione dall’albergo Marepineta a Marina di Ravenna – che fa capo alla parrocchia di San Rocco guidata da don Ugo Salvatori – hanno sollevato la preoccupazione prima del consigliere comunale Alvaro Ancisi (Lista per Ravenna) e poi di Federalberghi Confcommercio che si è detta disponibile a «individuare nuove forme di gestione per aprirsi a nuovi mercati a cui offrire i propri servizi affinché la struttura ricettiva possa chiudere i propri bilanci in utile senza ricorrere a questa fonte di reddito assistito».
Il servizio di accoglienza, come si legge nel testo dell’avviso della prefettura, prevede alcuni requisiti fondamentali: gestione amministrativa, assistenza generica, pulizia e igiene ambientale, distribuzione di tre pasti al giorno nel rispetto delle regole alimentari dettate dalle diverse scelte religiose, fornitura di beni di generi di prima necessità, erogazione pocket money da 2,50 euro a testa al giorno e una tessera telefonica da 15 euro all’ingresso in struttura, servizi di integrazione con orientamento e formazione. Per coprire interamente questi servizi il ministero mette a disposizione un massimo di 35 euro giornalieri per ogni profugo da corrispondere al privato che accoglie. Inoltre l’avviso della prefettura è chiaro per quanto riguarda le concentrazioni per singole strutture: capienza tra 4 e 40 per i comuni con meno di 15mila abitanti, tra 4 e 60 per quelli oltre 15mila e in ogni caso il privato non potrà offrire nel complesso più di 100 posti in provincia di cui non più di 80 in un singolo comune.
Va altresì ricordato che la prefettura, su indicazione del ministero dell’Interno, preferirebbe accordi con i singoli Comuni della provincia che a loro volta si occupino di selezionare i soggetti privati in maniera più mirata sul territorio. Attualmente questo avviene a Cervia, Russi e Castelbolognese. Qualora le amministrazioni comunali non diano disponibilità ecco la via del bando pubblico (o dell’invito diretto ai soggetti che avranno manifestato interesse). Il 2 settembre in consiglio comunale a Ravenna l’assessore all’Immigrazione, Martina Monti, aveva risposto a un question time precisando che «il Comune non ha disponibilità di strutture pubblica adatte».
Oggi Matteucci sostiene che «la comunità ravennate continuerà a fare la propria parte e il Comune continuerà la positiva collaborazione con la prefettura». Il primo cittadino ravennate dedica particolare attenzione al fronte degli albergatori interessati all’accoglienza: «Le deroghe al numero di dieci persone per edificio vanno previste solo in situazioni che già svolgono una funzione socio-assistenziale. È del tutto evidente che casi di deroga al numero massimo di dieci persone per edificio non può essere in alcun modo prevista per gli alberghi: l’accoglienza dei richiedenti asilo non è un business». Il sindaco porterà queste proposte all’incontro di domani, 23 settembre, fra i sindaci della provincia di Ravenna e il prefetto «anche in vista del nuovo bando della prefettura, su cui gravano vincoli di legge identici a quelli che ci sarebbero nel caso che il bando facesse capo al Comune di Ravenna».
Ma dai rappresentanti di categoria degli albergatori arrivano critiche proprio all’indirizzo di Palazzo Merlato: «Se degli imprenditori si offrono per fare accoglienza di profughi in strutture alberghiere, la causa va anche ricercata nella mancanza di una seria politica turistica del Comune di Ravenna e, di conseguenza, della mancanza di un identità, di una vocazione dei lidi ravennati. Accoglienza di immigrati e turismo sono incompatibili, per le forme ed i modi con cui sta avvenendo che sono la porta all’assistenzialismo al degrado». Federalberghi ritiene che si debba evitare l’utilizzo di strutture turistiche ricettive per fare accoglienza di migranti perché così facendo gli imprenditori perderebbero di vista il vero scopo delle loro attività col rischio di un emulazione da parte di altri imprenditori scoraggiati dalla crisi, dalla burocrazia e dalle tasse».