«Ravenna? Come Calcutta, o quasi» Parola del meteorologo Mercalli

I rischi del surriscalmendo terreste secondo lo scienziato ospite del festival “Il Grido della Farfalla” e della “Settimana del buon Vivere“

Luca MercalliÈ un volto noto ai più per la sua presenza a “Che tempo che fa“ e per la trasmissione “Scala Mercalli“ da lui condotta lo scorso inverno sui Rai3 e che tornerà a febbraio con un nuovo ciclo. Meteorologo, Luca Mercalli è da tempo impegnato nella divulgazione dei rischi che può comportare l’effetto serra e sulle azioni umane che provocano il fenomeno. A Ravenna, il 25 settembre alle 21, in piazza Unità d’Italia, parla a proposito di “Ravenna come Calcutta?”, una conversazione resa possibile dalla collaborazione tra il festival Il Grido della Farfalla organizzato da Il gruppo dello Zuccherificio e la Settimana del Buon Vivere.

Il titolo della conferenza è una provocazione o ha in sé qualcosa di vero?
«Un po’ è una battuta nata nel mese di luglio più caldo in assoluto della storia italiana, un caldo peraltro che nella pianura padana non ha nulla di gradevole, perché è afoso, appunto».

L’anno scorso però è piovuto tutta l’estate… si può parlare di tendenza?
«Certo, la tendenza è quella anche se nei fenomeni climatologici ci sono fluttuazioni. Ma l’anno scorso per esempio è stato un record per la Svezia e la Scandinavia in genere. Ma basta guardare che tutti i record di caldo degli ultimi duecento anni sono stati superati negli anni successivi al 2000. E anche oggi (era giovedì 10 settembre, ndr) si sono battutti vari record sulla costa Adriatica con punte fino a 40 gradi».

Ma quindi quando vediamo quelle cartine che mostrano come l’innalzamento dei mari provocato dal surriscaldamento terrestre finirà per sommergere tutta la pianura padana, cosa dobbiamo pensare? Che sono previsioni realistiche?
«Diciamo che non dobbiamo aspettarci che la pianura Padana venga di colpo allagata, ma il rischio di un innanzalmento di mezzo metro in 100 anni esiste eccome e la cosa non sarà indolore, soprattutto per chi è più vicino alla costa e la zona del Delta del Po. Il primo effetto è che le falde acquifere sotterranee diverranno salate e saranno inutilizzabili anche per l’agricoltura. E poi ci saranno effetti di erosioni e le mareggiate arriveranno nella piazza del paese».

Ma possiamo ancora fare qualcosa o abbiamo superato il punto di non ritorno?
«Sì, anche se adesso potessimo per assurdo spegnere il mondo non potremmo tornare indietro, è possibile solo mitigare gli effetti del surriscaldamento. Avremmo dovuto agire 50 anni fa, ma non lo abbiamo fatto.  Meglio comunque che il mare si alzi di 50 cm che di un metro, meglio che la temperatura si alzi di 2 gradi invece che di 5. Un po’ come una persona che decide di smettere di fumare. Se lo fa da giovane può anche recuperare completamente, se lo fa a sessant’anni i polmoni resteranno danneggiati, ma sarà comunque meglio che non farlo affatto».

Ma noi stiamo smettendo di fumare? Obama di recente ha parlato della questione ambientale come la vera grande emergenza del pianeta.
«Certo Obama, rispetto a Bush, esprime un punto di vista evoluto, ma è anche vero  che sta in un paese dove le lobby del carbone ha forse più potere dello stesso presidente. Vedremo, al momento no, non stiamo smettendo di fumare. Il prossimo grande incontro internazionale è quello dell’Onu a Parigi del 12 dicembre, vedremo lì chi si impegnerà davvero a fare qualcosa».

Ciò che si sente dire da molti, forse come alibi, è che finché le nuove potenze asiatiche non agiranno, qualsiasi misura sarà inutile…
«In un mondo globalizzato credo sia importante dare dei segnali, gli altri si troveranno poi in qualche modo tenuti a seguire anche per ragioni commerciali, pensiamo ad esempio se l’Europa smettesse di comprare prodotti che non rispettano alcune misure. Va inoltre detto che la Cina pur colpevole di tanti misfatti è un paese che soffre moltissimo il cambiamento climatico e dove ci si sta facendo molte domande e si stanno anche sperimentando buone prassi. Infine, teniamo sempre presente che un americano emette gas serra come tre cinesi. Sta quindi innanzitutto a loro mettersi a dieta».

La stessa domanda può essere fatta per i singoli. Che senso ha che io faccia la differenziata se il mio vicino non la fa e il mio comune non lo penalizza?
«Vale un po’ come il discorso dei governi. Inoltre l’azione individuale ha un grande valore etico, serve più consapevolezza, più informazione e anche le politiche degli stati possono venire dal basso».

A proposito di politiche, come stiamo in Italia su questo tema?
«In Italia ci sono enormi contraddizioni: ci sono singoli comuni e singole regioni che fanno cose ottime, mentre magari il paese accanto distrugge. Per capirci: l’Italia è nota per la terra dei fuochi in Campania, mentre Treviso è un modello a livello europeo per la  raccolta differenziata».

Questo sul piano locale, ma il governo?
«Il problema è proprio il governo che fa cose buone e cose invece che non lo sono affatto, quasi a voler accontentare tutti. Ma non ha senso promuovere le energie rinnovabili e contemporaneamente l’estrazione di idrocarburi tramite le trivellazioni. È come fare la dieta di giorno e poi abbuffarsi la notte».

Un’ultima domanda, data anche la sua presenza a un festival dedicato proprio all’informazione: la stampa italiana è all’altezza di questa sfida?
«Bella domanda. Il giornalismo italiano non brilla, c’è una carenza notevole di buona informazione, il tema dell’ambiente è sempre subordinato al lavoro ed economia e c’è da lavorare moltissimo sull’informazione. Per questo è stata fondata anche Fima, Federazione italiana Media Ambientali proprio per cominciare, insieme anche all’ordine dei giornalisti, a diffondere una consapevolezza della qualità necessaria».

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