Sulle opere di Invader a Ravenna: «I centri storici non sono inviolabili»

Le riflessioni di Daniele Torcellini dell’associazione culturale Marte che nel 2014 ha invitato in città il controverso artista di strada

Invader dinosauro ravennaRiceviamo e pubblichiamo questo intervento di Daniele Torcellini a proposito delle polemiche di questi giorni sulle installazioni dello street artist Invader in centro città e la recente rimozione di una delle sue opere nella zona monumentale di San Vitale.

«Lo scorso anno, l’Associazione Culturale Marte, che rappresento, ha invitato a Ravenna Invader – artista di rilievo internazionale il cui lavoro è particolarmente in sintonia con la storia e il presente artistico della nostra città – a realizzare un mosaico su una parete del Planetario, di circa 20 mq di dimensione, autorizzato dal Comune. Mi sono occupato del coordinamento del progetto personalmente. Durante la sua permanenza l’artista, parallelamente e in modo autonomo, ha installato altri 24 mosaici sparsi per il centro storico, molti dei quali già ben noti ed apprezzati dai cittadini e non solo, dal momento che non sono pochi gli stranieri che vengono a Ravenna proprio per vedere e fotografare le sue opere. Credo sia piuttosto evidente quanto Ravenna possa essere simbolica per un artista che lavora con una forma contemporanea di mosaico e quanto sia altrettanto significativa la presenza di Invader in una città che alla contemporaneità del mosaico dedica molte attenzioni. La scorsa settimana Invader è tornato in città, senza alcun invito da parte della nostra associazione o da parte del Comune, autonomamente e a sue spese. Sono stati installati, in questa occasione, altri 15 mosaici, tra cui il tanto controverso omaggio a Giustiniano e Teodora, colpito da un’iconoclastia dei giorni nostri e rimosso dopo soli quattro giorni di vita.

 

Invader Teodora RavennaVorrei cogliere l’occasione per riflettere e proporre un punto di vista su alcuni temi che sono emersi negli accesi dibattiti di questi giorni. Molti dei muri che Invader ha invaso sono privati. Certo. La streetart si muove anche così, che lo vogliamo o meno. Però quei muri sono anche membrane che partecipano tanto dell’interno, quanto dell’esterno delle case che delimitano ed è proprio per questo che, nei centri storici in particolare, ma nelle città in generale, esistono regole su come comportarsi nella gestione delle proprie facciate esterne, piani del colore, pareri delle soprintendenze, vincoli. Quindi, in via di principio, se è una violazione l’affissione di un mosaico su un muro privato senza autorizzazione, lo è anche la rimozione di quel mosaico, quand’anche fosse eseguita dallo stesso proprietario del muro, senza autorizzazione. Ma non solo. Estremizzando, sarei portato a tutelare maggiormente il diritto di chi abita di fronte ai muri interessati dagli interventi, chi cioè si troverà di certo molto più frequentemente nella situazione di doverli vedere quei muri, piuttosto che i proprietari,  che non credo passino il tempo a guardare le pareti delle loro abitazioni. Insomma se sono a casa non vedo le pareti esterne della mia casa, ma quelle delle case dei miei vicini. Capisco come tutto questo possa apparire, ad alcuni, completamente assurdo.
Ad ogni modo credo anche che sia del tutto legittimo il fatto che l’opera non piaccia e credo anche che stia nel “gioco“ il fatto che possa essere rimossa, sebbene ne sia profondamente dispiaciuto: sarebbe stato alquanto suggestivo vederla storicizzata tra decine o centinaia di anni ed ancora in rapporto con i mosaici di San Vitale.

 

Poi. La compatibilità di un’opera contemporanea con un contesto storico. L’idea che uno scorcio, come quello di San Vitale, non debba essere più toccato. Da laureato in Conservazione dei Beni Culturali, credo che sia giunto il momento di mettere in discussione l’inviolabilità di contesti storici che, più che conservati, sono ormai congelati, ibernati, privati di vita, per assumere il ruolo di fondale turistico stereotipato. Salvo poi, come hanno fatto notare in molti, essere stipati di automobili di ultima generazione perennemente parcheggiate alla bell’e meglio, o avere poco più in là la vetrina multicolore di un negozio di souvenir o di un tabaccaio.
Trovavo l’omaggio di Invader a Giustiniano e Teodora, con i suoi pixel musivi, quanto di meglio per far dialogare epoche diverse, sul binario del mosaico che ancor oggi, dopo secoli, parla una lingua viva.  Una forma ottimale di conservazione di un contesto. Una conservazione – diciamo – dinamica. Una conservazione che permette di saldare il passato al presente e al futuro. C’è una pericolosità insita in tutto ciò. Certo. Chi decide cosa? Ma credo che non ci si possa far scudo dietro il non-scegliere, per evitare di correre rischi. Ecco, occorre ricominciare a scegliere, anche nei centri storici, anche nel cuore delle città. Per non ritrovarsi con periferie cementificate e fatiscenti ma magnificamente decorate (ché la street art non basta da sola a riqualificare), rotonde improbabili e centri storici tirati a lucido ma ormai fuori dalla storia come cartoline ingiallite.

 

Invader autoritrattoInfine una riflessione sull’intervista rilasciata da Marcello Landi. Accanto a poche altre che ho letto nei vari commenti agli articoli apparsi on line, la sua è finalmente un’opinione critica con la quale si può instaurare un dialogo. Al riguardo vorrei fare alcune precisazioni e pormi alcuni interrogativi. Ad esempio puntualizzare il fatto che Invader non sembra voler fare della sua clandestinità un vessillo di originalità. E sì, la sua è una clandestinità a fasi alterne, dichiaratamente. Il Planetario di Ravenna non è certo stata la prima sede “ad invito“ che ha accettato, basta dare un’occhiata al suo sito per capirlo. Invader non ha sicuramente installato uno dei suoi mosaici sulla Stazione Spaziale Internazionale clandestinamente. Poi, mi chiedo, è un problema che un artista dialoghi con le gallerie e cerchi di vendere le sue opere? Di cosa deve vivere un artista? Di elargizioni spontanee?
Invece, l’idea di distaccare i suoi mosaici per conservarli altrove, prospettando un incremento del loro valore (in questo caso il rapporto con il denaro è ben accetto), sembra dimostrare poca chiarezza a proposito della poetica di Invader. Il dialogo con il contesto urbano è parte dell’opera, come lo è la fotografia che documenta questo dialogo, sempre attentamente scelta, e come lo è anche l’applicazione per smartphone con cui chiunque può dare la caccia agli invasori musivi. Infine, mi sembra solo una provocazione poco efficace l’idea che – cito – «l’impronta rimasta sul muro della casa in via Galla Placidia dopo la rimozione del mosaico di Invader è forse meglio dell’opera originale».  Certo l’impronta è suggestiva ed è memoria di quanto accaduto, ma mettere le due cose, impronta e mosaico, sullo stesso piano estetico, credo non sia criticamente corretto. Più che altro, sembra invece che Ravenna proprio non possa vivere del presente ma solo delle tracce del passato.

 

Concludo sulla polemica delle piastrelle da bagno. Ebbene sì, le sue opere sono fatte anche di piastrelle da bagno, proprio come i mosaici di Pella erano fatti di ciottoli di fiume e come la fontana di Duchamp era un orinatoio. E sono mosaici. Per quanto ciò possa far inorridire molti a Ravenna».

Nella foto sopra un autoritratto di Invader

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