Casalborsetti ha trovato l’America Porto Reno a un fondo di investimento

Hig Capital di Miami dietro l’acquisto di 218 posti barca, edifici e terreni per 5 milioni dalla società fallita controllata dalla coop Cmr

I dollari decollano da Miami, fanno tappa a Lussemburgo, girano su Milano e sbarcano a Casalborsetti. Servono per pagare l’acquisto di una bella fetta di Porto Reno dal fallimento dell’omonima società che costruì e gestiva il porticciolo turistico alla foce del canale di bonifica in destra del Reno. C’è il fondo di investimento americano Hig Capital, operatore di private equity con sede in Florida e oltre 19 miliardi di dollari di capitale in gestione, alle spalle della lombarda Gbh Immobiliare 2 diventata proprietaria di 218 posti barca su 264, sei bungalow, undici posti auto, uno specchio d’acqua per ulteriori pontili, un terreno edificabile, un edificio con tredici unità al grezzo da completare e destinare a attività commerciali o uffici. Prezzo totale 5 milioni di euro, l’unica posta attiva realizzata dal fallimento dichiarato a maggio del 2013: il curatore, la commercialista Milena Montini, non rende noto il totale del passivo perché dato riservato ai creditori ma ammette che l’entrata dall’America non potrà coprire tutti i debiti (informalmente si parlò di 12 milioni di indebitamento).

La società Porto Reno fu costituita nel 1993 dalla famiglia Gruber: Alfred, padre della giornalista Lilli, nota conduttrice della trasmissione “Ottoemezzo” su La7, ideò l’insediamento. Nel 2004 partirono i lavori con l’appalto vinto da Cmr che nel 2005 comprò la società da Gruber. Nel 2007 l’inaugurazione alla presenza, tra le varie autorità locali, del governatore regionale Vasco Errani e Pierluigi Bersani, al tempo ministro. Nel 2013, come detto, il fallimento. Che arrivò anche con l’onda lunga del crac 2011 della Cmr.

È stata la Gbh a contattare la curatela manifestando l’interesse all’acquisto proponendo la cifra. Per trasparenza e garanzia dei creditori è stato emanato un bando: tempo fino alla mezzanotte del 10 novembre per presentare offerte superiori con un deposito cauzionale del 10 percento. Nessun’altro si è fatto avanti e nell’udienza in tribunale dell’11 novembre il giudice ha proceduto con l’aggiudicazione provvisoria. Formalmente a presentare l’offerta non è stata però la Gbh ma l’avvocato ravennate Federica Bacigalupo agendo “per persona da nominare”, formula che consente appunto di mantenere riservato il reale investitore. Che ora però dovrà farsi avanti e soprattutto avrà 120 giorni di tempo per il versamento della cifra completa, condizione necessaria per il definitivo trasferimento di proprietà dal fallimento.

Gbh Immobiliare 2 non ha un sito internet. Ha sede in via San Prospero a Milano negli uffici dello studio commercialista Angelelli. Che ha un sito. Nella pagina del personale troviamo il 27enne Andrea Ceschi e il 45enne Gianmario Lazzaroni: sono loro che costituiscono il consiglio di amministrazione della Gbh, Ceschi presidente. Diverse ore dopo l’udienza ci dice che è stato un procuratore a rappresentare Gbh in tribunale: «Non ci siamo ancora sentiti, non so l’esito». Lo informiamo che nessun altro ha presentato offerte: «Lo apprendo ora da lei». Ma quali saranno le intenzioni dei nuovi proprietari? Come è nata la scelta di investire a Casalborsetti? Ceschi si smarca dalle domande: «Al momento non posso ancora rilasciare dichiarazioni di nessuna natura. Dovrò prima consultarmi con la proprietà della società e concordare una linea». Chiediamo conferma del collegamento con la Hig e il manager conferma. Poi quando chiediamo ulteriori informazioni sulla società ci suggerisce di ricorrere a una visura camerale in cui potremo trovare tutto. E così facciamo. Ma nella visura non c’è traccia della Hig Capital. La totalità della proprietà della Srl Gbh è in mano alla Grace Bay III Holdings, società con capitale di 10mila euro e sede in rue Guillaume Kroll a Lussemburgo.

Un ruolo importante nell’affare l’ha avuto il consulente immobiliare Lorenzo Ferrari, dell’Agenzia d’affari l’immobiliare collegata alla rete Soluzioni Real Estate: «Collaboro con Frontis, società milanese di advisor legale nata nel 2010, segnalando investimenti interessanti sul territorio ravennate che amo e cerco di sponsorizzare per favorirne lo sviluppo». È stata poi Frontis a contattare Gbh, ossia Hig. In realtà sugli investitori nemmeno Ferrari fa nomi ufficialmente: «Posso dire che si tratta di un fondo americano ma per motivi interni hanno chiesto di non essere rivelati. Penso che sia perché non hanno interesse a pubblicizzare il loro nome, magari rischiando di essere assaliti da proposte di investimento visto che mettere 5 milioni sul tavolo di questi tempi non è cosa da poco». Sarà Ferrari il referente degli acquirenti sul territorio portando avanti in prima persona le trattative per le vendite immobiliare. E quando mette l’idea di un ristorante con vista panoramica tra i progetti futuri di riqualificazione, si lascia sfuggire un paragone significativo: «Una cena vista porto può essere suggestiva anche se non sarà come la vista di Miami…». Che guarda caso è la città sede di Hig.

Chi presto dovrà avere a che fare con i milanesi che arrivano dall’America passando per il Nord Europa è sicuramente Nadine De Marco: dal 2009 proprietaria di un bungalow nel porticciolo, amministratrice del condominio Porto Reno (93 condomini) che nel 2012 affidò la gestione della struttura al Consorzio Porto Reno (nato dalla riunione di 26 dei condomini e di cui De Marco è presidente). Gli yankee in salsa lombarda avranno la maggioranza dei millesimi in assemblea condominiale ma non potranno comunque fare il bello e il cattivo tempo perché sarà necessaria anche la maggioranza delle teste. I rapporti, finora solamente abbozzati, sono iniziati con ottime prospettive: «L’acquisto da parte della Gbh ha le potenzialità per essere davvero una svolta per il nostro porto che nonostante le difficoltà che si possono immaginare è riuscito comunque in due anni a conservare una sua attrattività come dimostra la percentuale di occupazione dei posti barca che si aggira sul 70-80 percento». Le speranze di De Marco – originaria di Berlino, residente in Svizzera e innamorata della Romagna dopo il matrimonio con un fusignanese – si basano su una circostanza molto precisa: l’acquisto dei beni dal fallimento porta con sé anche gli obblighi che erano in capo alla Porto Reno fallita e cioè il completamento di alcune opere di urbanizzazione e la conseguente consegna al Comune dopo i collaudi. Un esempio: «Stiamo pagando le spese di manutenzione di una rotonda che è destinata al Comune ma fin quando non saranno completate le opere resta a noi. Una volta passata all’amministrazione pubblica saranno spese risparmiate per noi». L’ottimismo tra i proprietari di bungalow e ormeggi è dettato anche da una riflessione a sfondo economico riassunta per sommi capi da De Marco: il business di una società immobiliare è la vendita dei beni acquistati e il loro valore sarà tanto più alto quanto migliore sarà il contesto.

E infatti il piano ideato dagli aquirenti risponde proprio a questa logica, come conferma Ferrari. La missione primaria è ridare vitalità all’insediamento per aumentare l’attrattività e di conseguenza la quotazione. «Per prima cosa dobbiamo favorire l’arrivo e l’avvio di attività commerciali, per farlo siamo disposti a fare offerte con prezzi veramente stracciati perché lo consideriamo un investimento per il futuro. Se portiamo motivi di attrazione poi arriverà la gente e il porto avrà il suo fascino. Per questo pensiamo anche alla possibilità di finanziare eventi». I progetti prevedono un supemercato di 550 metri quadrati, un locale su due livelli con bar sotto e ristorante panoramico sopra, un punto vendita di materiale nautico a servizio degli utenti del porto. Poi sarà tempo di pensare alla club house, il punto di ritrovo dei diportisti: «Stiamo valutando diverse soluzioni costruttive innovative perché siano adatte al contesto e veloci nei tempi». La stima degli investimenti necessari sfiora il milione di euro. Tempi? «Per l’estate vorremmo aver insediato almeno le attività commerciali in modo da presentarci con una nuova immagine alla stagione turistica. E magari nel primo semestre avviare i lavori della club house». In parallelo ci sarà tutta l’attività di vendita dei posti barca e dei bungalow. Per questi ultimi si resterà nel solco dei prezzi bassi: «Non abbiamo ancora un listino prezzi definito ma se prima del fallimento venivano venduti a 200-240mila euro penso si possa ipotizzare un prezzo dimezzato ora».

Ma davvero la Casalborsetti a stelle e strisce potrà raggiungere i successi finora mancati? «Non serve essere come Porto Cervo per avere successo – dice De Marco –. Anzi, Porto Reno deve puntare sulle sue particolarità: una struttura sicura dove le barche non affondano con le mareggiate, la vicinanza alla spiaggia, la natura attorno». Perché allora non è andata così finora? «Non mi esprimo sulle gestioni passate ma di sicuro il fallimento della Cmr (coop che costruì il porto e controllava la società Porto Reno, ndr) è stato un peso». E Ferrari è ottimista: «Alle spalle c’è la solidità di un fondo americano. Cercheremo di evitare errori del passato, prima investiremo per lo sviluppo poi andremo sul mercato a vendere».

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