Nuovi fondali, Ottolenghi soddisfatto: «Confindustria ha avuto un ruolo importante»

Dal Governo il sì per gli escavi. L’ad della Pir e ex presidente degli Industriali ricorda gli anni delle tensioni tra istituzioni: «Le nostre preoccupazioni erano fondate». E sul futuro: «Più ferro che gomma. Sapir in Borsa»

RAVENNA 04/05/2017. FOTO AEREE SAPIR

Una veduta aerea della darsena San Vitale del canale Candiano (foto Sapir)

Non lo dice proprio apertamente ma poco ci manca: un po’ è anche merito suo, di Guido Ottolenghi, se oggi Ravenna festeggia l’approvazione del progetto per l’approfondimento dei fondali del porto che vale 235 milioni. L’amministratore delegato della Pir è stato presidente di Confindustria Ravenna dal 2011 al 2015, uscito vincente dallo scontro istituzionale con l’ex presidente di Ap, Galliano Di Marco: l’ingegnere nel 2016 non è stato confermato e il progetto che il 28 febbraio ha avuto l’ultimo sì definitivo è più simile ai desiderata degli Industriali.

Ottolenghi, qual è stato il suo primo pensiero appena ha avuto la notizia dell’approvazione definitiva del Cipe?
«Ho pensato che finalmente si realizza un sogno che va avanti da almeno dieci anni. È stata una lunga camminata con qualche deragliamento ma a un certo punto siamo tornati alla logica che portò il ministro Corrado Passera nel 2012 ad approvare il finanziamento dopo essere venuto a Ravenna all’assemblea di Confindustria».

Se ne parla da dieci anni, forse anche di più. Ma gli ultimi dati dicono che i volumi di traffico sono sostanzialmente stabili. Il porto ne ha davvero bisogno?
«Siamo riusciti a mantenere più o meno i traffici ma sono calati drammaticamente i margini. La nave che può andare a Venezia o Capodistria passa da Ravenna solo se il terminal abbassa le tariffe. Per qualche anno si può tirare avanti ma poi vanno fatti investimenti».

Questo progetto può avere benefici anche fuori dal mondo portuale?
«Una logistica efficiente è strategica per l’industria. Se ho una eccellente capacità produttiva ma per arrivare ai mercati o per ricevere materie prime dai fornitori ho una catena inefficiente succede che mi sposto altrove. Il porto con pescaggi e banchine migliori diventa un tassello della capacità logistica al servizio del tessuto industriale che gravita sul nostro porto ma anche per un pezzo del Paese».

Logistica è la parola magica. Ora si scava per far entrare navi più grandi ma i camion che caricheranno quelle merci poi devono fare lo slalom tra le buche…
«È chiaro che le infrastrutture di contorno dovranno adeguarsi. Però penso più al ferro che alla gomma. Con un porto più profondo avremo volumi maggiori di merci quindi mercati più lontani da servire che vanno raggiunti in treno: più traffico ferroviario per recuperare competitività. Su questo ci sono iniziative in corso e ci sono stati miglioramenti significativi in questi ultimi anni».

Il comunicato di Confindustria dopo il Cipe ricorda “sei anni tortuosi” dalla prima approvazione del Cipe nel 2012 che stanziò i 60 milioni. Lei è stato presidente degli Industriali in buona parte di questo intervallo. Oggi che quegli anni sono storia, che riflessioni si sente di fare?
«Dico che purtroppo anche il modo con cui si conducono le cose può avere un effetto deleterio, ma è una mia personale convinzione. Ricordo con dolore quelle vicende: a un certo punto mi sembrava evidente che si stava deragliando ma le personalità in gioco e le divisioni interne alla comunità portuale ci hanno impedito di evitare alcuni errori tra 2013 e 2014».

Col senno di poi c’è qualcosa che farebbe diversamente se rigiocasse quella partita?
«Confindustria in quel momento ha giocato un ruolo molto importante e mi permetto di pensare che gli eventi successivi abbiano dimostrato che le preoccupazioni da noi espresse erano ragionevoli e meritavano non un’aggressione verbale ma un dibattito più ampio. All’inizio del 2014 lanciai un appello per coinvolgere la comunità portuale in un dibattito e segnalai diverse criticità: far stare in piedi il progetto solo con esprori presentava troppe criticità che poi si sono manifestate e si è manifestato anche che si può andare avanti con modalità diverse dagli espropri».

Una parte consistente del progetto è rappresentata da duecento ettari che diventeranno una piattaforma logistica. Ravenna finora ha perso investimenti per mancanza di spazi logistici?
«Non credo».

Il progetto di escavo si intreccia con il futuro di Sapir che riceverà parte dei fanghi su sue aree per poi realizzare una parte della piattaforma logistica. Lei è uno degli azionisti privati del terminalista a controllo pubblico. Come immagina i destini di Sapir?
«Lo sviluppo dell’area Trattaroli dà una possibilità di crescita. Sapir può diventare uno dei grandi terminal del Mediterraneo e quindi credo si possa aprire l’opportunità anche per una sua quotazione in Borsa. Oggi non ha dimensioni e volumi di attività per questo scenario ma domani potrebbe avere i numeri adatti».

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