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    Categoria: società

«Siamo sicuri che tutto questo sport ci faccia così bene e meriti tanti soldi?»

Ci scrive una lettrice dopo l’ultimo caso di un arbitro che chiama il 112 perché minacciato in una partita di giovanili. Il dibattito è aperto…

Riceviamo e, volentieri, pubblichiamo la riflessione provocatoria di una nostra lettrice. Tema: i valori e l’etica dello sport. La lettera ha acceso il dibattito in redazione ed è stata pubblicata anche sulle pagine del primo piano del nostro settimanale del 28 gennaio dedicate proprio allo stesso tema.

Caro R&D,

scrivo dopo aver letto l’ennesimo incredibile episodio sul vostro sito: un arbitro impaurito che chiama i carabinieri dallo spogliatoio di un campo da calcio. E scrivo per esprimere dubbi e perplessità volutamente provocatori nel mare di retorica che ci avviluppa quando parliamo di sport. E il dubbio è questo: ma siamo sicuri che incitare i bambini alla competizione sportiva sia poi così salutare? E tra tutte le attività, quella del calcio non è quella che sembra racchiudere anche tutto ciò che molti di noi vorrebbero in realtà veder sparire dalla società?

Lo sport è competizione, certo c’è il lavoro di squadra, ma per batterne un’altra, come i soldati di un esercito tra loro collaborano per sconfiggere il nemico. Ok, qui ci sono solo avversari, ma sempre di qualcuno che deve prevalere sull’altro si parla. Un modello alternativo non è dato: per uno che gioisce, uno deve soffrire. E se questo, mi si dice, è il sale della vita, è qualcosa di atavico e innato (nei maschi soprattutto ma si sta lavorando perché possa germogliare anche nelle femmine), ciò che importa è il fair play, la capacità di gestire la sconfitta, il rispetto per chi perde e via dicendo. Una lezione di vita, addirittura. Che la vita è sofferenza e sapersi rialzare dopo le sconfitte (con buona pace di chi vorrebbe magari uscire da cliché e banalità). E quindi lì tutti a fare proclami, a parlare, scrivere, firmare, tutti su questi valori dello sport, a educare figli e genitori, mentre a livello locale nel giro di poche settimane abbiamo sentito di una società che “come sempre” ripagherà i danni provocati dai tifosi, di carabinieri in campo, di accuse razziste verso l’arbitro. Mentre a livello nazionale non va meglio, tra presunte ruberie e accertate offese omofobe e razzisti.

Mi dicono gli amici: questo non è il calcio. È il contorno, poi la domenica si va in campo e conta solo il gioco (tra un insulto e l’altro, viene da pensare). Può pure essere, ma resta che dal lunedì al sabato di questo si tratta. E va bene, gli sport non sono tutti uguali, e sono sicura anche che le persone che lavorano nelle società siano in gran parte mosse dalle migliore intenzione. E tuttavia mi chiedo se davvero non spingere i miei figli, ancora molto piccoli, ad altre forme di espressione del sé, come l’arte, la musica o il teatro, ma anche il trekking, il contatto con la natura, il piacere di una corsa senza traguardo e magari anche dare due tiri a un pallone ma nel campetto con gli amici, piuttosto che indirizzarli verso il mondo organizzato delle società e delle gare o delle partite che li pretenderà, temo, più aggressivi, competitivi e forse addirittura ignoranti (diciamo che i racconti sull’ambiente dello spogliatoio non fanno pensare esattamente a una scuola peripatetica) di quanto non li vorrei mai vedere.

Insomma, siamo sicuri che tutto questo sport ci faccia poi così bene e meriti tutta questa spasmodica attenzione, nonché valanga di soldi?

Una lettrice affezionata