L’imputata si tocca la fronte ma mantiene il controllo. In lacrime i figli della vittima: «Giustizia è fatta». L’accusa: «Istituzionalmente soddisfatti»
Ci sono volute quasi otto ore di camera di consiglio per arrivare alla sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice Corrado Schiaretti, presidente della Corte, poco dopo le 20 di questa sera, 11 marzo, a quasi due anni di distanza dalla morte della 78enne Rosa Calderoni di Russi.
La sentenza, oltre alla pena dell’ergastolo, condanna Poggiali al pagamento delle spese processuali e di quelle per il proprio mantenimento in carcere durante la custodia cautelare (circa un anno e mezzo), al risarcimento dei danni per le parti civili da liquidarsi nella competente sede civile (provvisionale da 150mila euro ciascuno per i due figli della vittima), alla rifusione delle spese processuali delle parti civili (liquidate in 20mila euro ciascuno per i due figli e 15mila euro a testa per il collegio degli infermieri e l’Ausl), interdizione perpetua dai pubblici uffici. Entro novanta giorni il deposito delle motivazioni della sentenza.
Alla lettura della sentenza i figli della vittima sono scoppiati in lacrime. «Giustizia è fatta – ha commentato il figlio con gli occhi lucidi –. Era l’unica cosa che mi stava a cuore. Ringrazio gli avvocati e il pubblico ministero». Il sostituto procuratore Angela Scorza accoglie con soddisfazione l’esito del processo: «Sono stati due anni lunghi e complessi, la sentenza riconosce il duro lavoro fatto in questo tempo». Parole simili a quelle usate dal procuratore capo Alessandro Mancini: «Soddisfazione senza trionfalismi, siamo istituzionalmente soddisfatti ma siamo pur sempre di fronte a una sentenza di ergastolo. Una nota di plauso alla collega Scorza che ha condotto in maniera perfetta il processo. Nel corso del tempo eravamo sempre più convinti della nostra posizione, il risultato di una investigazione ineccepibile». La difesa, avvocato Stefano Dalla Valle, non ha voluto rilasciare dichiarazioni a caldo.