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    Categoria: società

Si può essere genitori anche a tempo Ecco come funziona l’affido

Nel Ravennate un’ottantina di casi. L’Asp cerca famiglie disponibili La testimonianza. «Ci avanzava dell’amore per una figliola…»

L’affido è di fatto una sorta di adozione temporanea (un’ottantina i casi tra Ravenna e Russi a fine 2015, vedi articoli correlati) che la legge prevede per un massimo di due anni, prorogabili a quattro. In alcuni casi può anche essere estesa fino a portare il minorenne ai 18 anni, ma è bene sottolineare come l’affido non possa essere in alcun modo considerato come «una scorciatoia per l’adozione». A puntualizzarlo è Claudia Mosciatti, coordinatrice del Centro per le famiglie di Ravenna, dove viene fornita ogni informazione al riguardo. «Con l’affido – spiega – il bambino mantiene il rapporto (più o meno frequentemente a seconda dei casi, ndr) con la famiglia naturale, che va salvaguardata sempre e comunque».

E a differenza dell’adozione, qualsiasi tipo di famiglia può prendere in affido un minorenne: giovani, anziani, sposati, non sposati, single e anche – per affrontare un tema molto di attualità in questi giorni – omosessuali (anche se non ci sono al momento casi nel Ravennate).

I servizi sociali cercano di promuovere questa possibilità in ogni modo – ci assicura Mosciatti – ma non è facile trovare tante persone disponibili ad accogliere in casa propria un bambino che spesso porta con sé una situazione dolorosa.

«Quello che si deve sapere è che la famiglia affidataria non resta da sola, i servizi la affiancano per qualsiasi esigenza – spiega Mosciatti – e la migliore promozione diventa proprio il buon lavoro dei sevizi oltre a quella delle famiglie che già hanno preso in affido e che alimentano un passaparola».

Per diventare una famiglia affidataria è necessario un percorso che parte da un primo colloquio informativo (al centro per le famiglie di via Gradisca, info: 0544 471497 o informafamiglie@asprave nnacerviaerussi.it) e poi prosegue con una sorta di corso di formazione che consiste in cinque serate con esperti e addetti ai lavori a cui si può partecipare senza alcun impegno. Solo al termine, infatti, le famiglie che hanno partecipato dovranno decidere se proseguire la strada intrapresa. In caso affermativo, parte il percorso di conoscenza individuale che consiste in visite domiciliari e incontri con assistente sociale e psicologo «così da fare l’abbinamento migliore possibile con il minore – continua Mosciatti –. Proprio questo lavoro preparatorio ci ha permesso negli anni di contare i fallimenti davvero sulle dita di una mano. Prima di passare all’affido, poi, per conoscere ancora meglio le persone coinvolte cerchiamo sempre di far passare le famiglie dal sostegno (una sorta di babysitteraggio, con l’assistenza ai minori, che restano nelle loro famiglie naturali, per alcune ore al giorno in determinate situazioni, ndr)». Ogni anno l’Asp riesce a organizzare due percorsi formativi (che partono solo con un minimo di sei persone interessate) al termine dei quali le famiglie effettivamente disponibili si riducono della metà, tanto da poter dire che in media non sono mai più di una decina quelle arruolabili. L’Asp, come sostegno alle spese, corrisponde a ogni famiglia affidataria circa 500 euro al mese.

Le criticità più diffuse? «C’è un po’ di paura nell’ospitare un bambino non proprio, anche per i rapporti con la famiglia naturale, che non va però mai giudicata. Quella affidataria non si deve sostituire a essa, ma deve solo integrarsi».

La testimonianza. Pubblichiamo qui di seguito una toccante testimonianza di una famiglia che ha deciso di prendere in affido una minorenne.
«Abbiamo cercato, ho cercato, per molte strade, per molti anni, di dare una “continuità” alla nostra vita di coppia con un figlio, ma per molti motivi e con molto dolore la “continuità” non è arrivata. Ad un certo punto mi sono arresa ai molti no della vita e ho smesso di cercare, ma ogni sera mi “avanzava” un po’ d’Amore. L’Amore “avanzato”, non speso, diventa insistente, talvolta petulante e ti ricorda sempre – ogni giorno – che non l’hai “speso” tutto: all’Amore non piace restare chiuso in un cuore. Stavo cercando come “spendere” questo Amore, quando è arrivata una telefonata: “Buongiorno Signora, sono l’Assistente sociale. Vorrei parlarle, ha tempo di venire con suo marito? Vorrei presentarle un progetto di affido”. Mio marito ed io ci siamo guardati, ed abbiamo capito che con quella telefonata avremmo potuto liberare l’Amore che tenevamo chiuso nel cuore. Ed abbiamo deciso di rispondere sì, nonostante i tanti no della vita. Così è cominciata la nostra esperienza di affido. È arrivata in famiglia la nostra Figliola – così la chiamiamo – una ragazzina di quasi 16 anni, lontana dalla propria famiglia e con quasi 4 anni di vita passati in casa famiglia. Era grande e piccola allo stesso tempo: grande di età ma bisognosa di affetto e di cure come una piccola creatura. Aveva un passato difficile, e non riusciva ad immaginare un futuro. Aveva grandi sogni ma poche speranze. Un cuore grande, ma senza saperlo, perchè non poteva permettersi di ascoltarlo, così giovane e già indurita dalla vita. Un coraggio da leone, ma con il terrore di lasciarsi anda- re a una carezza. Oggi sono passati quasi tre anni dal nostro incontro, ma oramai non li contiamo più: esiste solo un “prima” che la Figliola arrivasse e un dopo. Come definire questa esperienza? Mettiamola così: nè una passeggiata nè una scampagnata. Ma neanche una escursione lungo un sentiero di montagna. È piuttosto un inoltrarsi in un continente mai calpestato da piede umano; immergersi in un abisso inesplorato. Ci sono momenti duri, difficili, ti chiedi chi te l’abbia fatto fare e hai voglia di mollare. La scalata ti porta via il fiato, ti mette continuamente alla prova, scopri lati sconosciuti di te stessa e del tuo compagno, ma ti regala anche paesag- gi mozzafiato, esperienze uniche, gioie indescrivibili. […] Non è una scalata in solitario, ma fai parte di una cordata e sei legato a qualcuno che ti può aiutare e sostenere. Ogni giorno è stato mio marito, spesso è stata la nostra Figliola, ma non posso dimenticare gli sherpa migliori di sempre che ci hanno accompagnato e hanno vissuto con noi questa avventura. Se non si possono far nomi, sono i Servizi Sociali, sempre presenti e pronti ad aiutare. Mi sono chiesta spesso, soprattutto nei momenti difficili, se lo rifarei. E la risposta è sì, e non solo perchè oggi sorrido, ma perchè questi bimbi, e questi ragazzi sono il Futuro, anche il nostro».