Anteprima al Ravenna Festival, in scena all’Alighieri l’8 e il 9 luglio, di un racconto appassionato e commovente sulla deriva dell’umanità
Human, nasce dalla co-produzione di Sardegna Teatro e Mismaonda con il sostegno di Eni.
In particolare, Eni si inserisce con un progetto di coinvolgimento attivo degli studenti del liceo scientifico Oriani di Ravenna e di altre quattro città italiane toccate dal tour, quali Torino, Milano, Livorno e Mestre: attraverso un percorso di sensibilizzazione, i ragazzi hanno scritto delle storie a partire da riflessioni intorno al tema dei diritti umani, della migrazione e delle trasformazioni sociali attuali. I racconti animeranno una videoinstallazione che accompagnerà lo spettacolo nelle cinque tappe appena menzionate.
«Siamo onorati di presentare in anteprima nazionale uno spettacolo che prima di tutto nasce in nome della libertà, evocata quest’anno dal festival all’insegna Nelson Mandel» afferma Franco Masotti, co-direttore artistico di Ravenna Festival. Il dramma dell’immigrazione è il tema centrale e attualissimo di Human «già affrontato dal festival – sottolinea il sovrintendente del Festival Antonio De Rosa – con la messa in scena qualche anno fa di Rumore di acque del Teatro delle Albe, in coproduzione con Ravenna Teatro».
In Human attualità e mito si intersecano insieme: Baliani e Costa, con la collaborazione alla drammaturgia di Ilenia Carrone, hanno creato un vero e proprio spettacolo ad arazzo, dove il canto epico, la poesia, i dialoghi, i monologhi, la musica e la danza disegnano un unico racconto.
Human va oltre il teatro civile, indagando la soglia in cui l’essere umano perde la sua connotazione universale, senza però fare denunce, indignare o prendere posizione. Si tratta piuttosto di una rappresentazione che inquieta, pone domande senza conoscerne le risposte, lasciando lo spettatore disorientato. «Human non riporta solo le testimonianze degli immigrati: prima di tutto racconta le nostre disgrazie, non le loro, parla delle nostre contraddizioni» spiega Baliani. In Human c’è anche la reminiscenza del mito ovidiano di Ero e Leandro, che narra la storia d’amore di due amanti separati dal mare; in una notte di tempesta il giovane, non vedendo il lume usato da Ero al fine di aiutarlo a orientarsi per raggiungerla a nuoto, muore tragicamente inghiottito dai flutti: «a chiusura della scena, dopo le urla di disperazione di Leandro, ci sono le urla di chi muore» anticipa il regista.
«È uno spettacolo che riguarda tutti noi, la nostra capacità di cambiare e di guardare. I muri si tirano su per non vedere, ma bisogna ricordarsi di una cosa – conclude Marco Baliani – i popoli che innalzano muri si accorgeranno di non avere più valori umani, perché quelli autentici non possono che nascere dall’incontro e dallo scontro fra essere umani».