«Colpa medica, la differenza tra lieve e grave è fondamentale nei processi»

In tribunale importante il ruolo dei consulenti: «Ma c’è sempre la sensibilità del giudice»

Come prima mossa si cerca di dimostrare davanti al giudice che il professionista ha fatto tutto quello che i protocolli prevedono per il caso specifico e se così non è stato allora si cerca di provare che le mancanze non avrebbero comunque modificato il corso degli eventi. In sintesi estrema, al netto delle distinzioni che contraddistinguono ogni singola storia, è questa la linea difensiva del legale che assiste il sanitario alle prese con un’indagine per colpa medica.

Abitualmente le accuse sono di lesioni se il paziente ritiene di aver subito un danno oppure omicidio colposo se i parenti del paziente ritengono che la condotta medica abbia causato la morte. Ad aprire il fascicolo in procura può essere la denuncia del diretto interessato o dei suoi congiunti ma anche l’azienda, pubblica o privata, per cui lavora il medico.

A quel punto una fetta importante del lavoro è nelle mani dei consulenti tecnici delle parti, incaricati di elaborare una relazione sull’accaduto e sulla sua gravità. «Poi però ci sono pur sempre il giudice, il pubblico ministero e gli avvocati che sono chiamati a fare le valutazioni giuridiche più opportune – dice l’avvocato Antonio Primiani dello studio Scudellari che ha assistito diversi medici inquisiti –. Altrimenti i processi li faremmo fare ai medici legali e basta. Gli accertamenti tecnici entrano nel processo penale ma poi gli stessi devono essere interpretati alla luce delle regole che lo governano».

Per la sentenza penale la questione derimente è tra colpa lieve e colpa grave, così come introdotta nel 2012 dalla legge Balduzzi (è in discussione in Parlamento una riforma che modifichi proprio questo aspetto). «L’intendimento primario della linea difensiva è dimostrare che non c’è colpa per eliminare il presupposto di responsabilità. Anche se non necessariamente la sussistenza della colpa implica poi una responsabilità».

Ad aiutare consulenti e giudici nella valutazione intervengono una serie di protocolli fissati da organizzazioni nazionali e non solo che delineano le condotte da seguire di fronte a casi che presentano certi sintomi piuttosto che altri: «Se quelle procedure sono state eseguite allora si può ragionevolmente ipotizzare che se di colpa si tratta sia però lieve». Che quindi magari non merita una sanzione penale ma non ha effetti sulla possibilità di un risarcimento dell’eventuale danno sul fronte civile, trattandosi di una procedura diversa che risponde ad altre valutazioni.

L’importanza di dimostrare di aver fatto tutto il possibile comporta un’esplosione della medicina difensiva, con esami e accertamenti aggiuntivi che il medico dispone con il timore di futuri problemi: «Può succedere e in questo caso diventa anche un costo sociale sia perché si allungano le liste di pazienti e sia perché aumentano le spese per la sanità».

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