Quel macabro turismo alla villa del massacro

Via vai frequente davanti all’abitazione di via Genocchi dove Giulia è stata uccisa a bastonate. Una residente in zona: «Hanno suonato più volte per chiedermi dove fosse la casa»

C’è sempre qualcuno, davanti quel cancello verde di via Genocchi dove l’edera che lo ricopre da anni da un mese si è mescolata a fiori bianchi e bigliettini.

“Immobile sottoposto a sequestro penale” dice un cartello attaccato col nastro adesivo all’ingresso della villa circondata da un nastro rosso e bianco della “polizia di stato”. C’è anche un grande cartello con una scritta contro il femminicidio. In lontananza si sentono le voci dei bambini che si rincorrono nei giardini pubblici. C’è sempre qualcuno che guarda oltre quel cancello, che spia il silenzio di una casa deserta in cui si è consumato il delitto di una donna, il dramma di una famiglia, di tre bambini rimasti soli e la vergogna di un’intera città. Qui Giulia Ballestri è stata uccisa a bastonate e gli inquirenti sono convinti che il colpevole sia il marito, ora in stato di arresto.

Questa piccola moltitudine di curiosi è sempre lì a fissare il vuoto oltre il cancello. Camminano lungo la recinzione, muovono la testa a destra e a sinistra per vedere meglio. Scattano foto ricordo. Ma cosa devono vedere? Glielo domando. Mi avvicino a una signora, avrà circa sessanta anni, l’aria di essere una donna una come tante. «Cerca qualcosa, signora?» le chiedo. «No, no». Mi risponde un po’ intimidita dalla domanda e si allontana a sguardo basso. Due ragazzi parlano tra loro a pochi centimetri dal cancello, sporgendosi con la testa quasi al di là dei sigilli. Uno indica qualcosa, l’altra ridacchia. «Cercate qualcosa?» insisto anche con loro. «Diamo un’occhiata, questa è la casa dell’omicidio, sa». Mi informano. «E cosa cercate?». «Diamo un’occhiata, l’ho vista l’altro giorno in televisione e non ero ancora passato a vedere». Mi fa il ragazzo. «A vedere cosa?». «La casa» insiste, parlandone come se fosse il set di un film. Io insisto: «Se sua madre fosse stata uccisa sarebbe contento che qualcuno andasse a curiosare e fare foto dove è successo?», «Cosa c’entra. – risponde il ragazzo – Tanto era in televisione! L’hanno vista tutti». I due finiscono il loro tour con calma, per non lasciarsi sfuggire nessun dettaglio mentre altre due donne, presumibilmente madre e figlia, si allontanano per non rispondere alle domande.

Giovanna M. vive in una strada poco lontano dal luogo del delitto e racconta «una signora ha suonato il mio campanello e mi ha chiesto dove fosse via Padre Genocchi, era scesa da un’auto dove guidava un’altra persona. Io lì per lì non ho pensato a quale fosse il motivo e le ho indicato la strada. Solo dopo ho capito che volevano andare a visitare la casa del delitto. Nei giorni seguenti altre tre volte hanno suonato per chiedere indicazioni, gente di fuori Ravenna che veniva appositamente per fare questo “turismo macabro”. Io ho iniziato a dire che la strada l’hanno chiusa e non si può più andare, spero che trovino un modo migliore di trascorrere la domenica».

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