Delicato e commovente Fa’fafine Una storia per parlare di identità di genere

Delicato, poetico, scenograficamente efficace, a tratti divertente e anche commovente. Fa’afafine, mi chiamo Alex e sono un dinosauro è uno spettacolo semplice nella storia che racconta pur affrontando un tema molto complesso come quello dell’identità di genere. Un solo (bravissimo) attore in scena che impersona un ragazzino dall’identità sessuale e di genere incerta alle prese con il primo innamoramento per Elliot, un amico taciturno ma con cui sente un legame profondo, chiuso nella sua stanza da letto che attraverso un sapiente e suggestivo (ma mai eccessivo) uso di videoproiezioni riesce a spaziare fino ad arrivare alle agognate isole Samoa dove vivono i Fa’fafine, persone dall’identità sessuale non definita in maschio o femmina, e perfettamente accettati e integrati. Così come Alex vorrebbe essere. Ma arrivato là capirà che non è quello il suo posto e saranno i suoi genitori a prendere piano piano coscienza dell’identità del figlio e a farlo sentire a casa e al suo posto, madre e padre che vediamo in video interpretati da Gioia Scarpinato e Giuliano Scarpinato (che è anche regista) attraverso un enorme buco della serratura con un effetto comico e straniante allo stesso tempo. Noi ci troviamo al di qua di quel buco, dentro, ed è da lì che possiamo cogliere l’essenza del messaggio di Alex: un grido di aiuto di un ragazzino allegro, dall’identità in fieri e complessa (come quella dei dinosauri e degli ornitorinchi, spiegherà) e che cerca un luogo dove poter essere stesso, lontano da quell’Alvin e quei compagni di scuola che lo deridono e lo umiliano. E per sua fortuna, il grido di aiuto viene colto e capito dalla madre e dal padre.

Come va a finire Fa’afafine? Cosa succede, dopo, ad Alex? Chiede uno dei giovani spettatori in sala alla fine dello spettacolo al protagonista. Quello che sappiamo per certo è che Alex ha la fortuna intanto di avere una famiglia che lo supporta e lo sostiene, e che questo gli darà la forza per sperare che questo accada anche a scuola. L’augurio, per Alex, è che la sua scuola non sia come quelle che vorrebbero le associazioni e le forze politiche che hanno osteggiato la visione dello spettacolo in quanto portatore di ideologia gender. Uno spettacolo che però, pur pensato per i ragazzi e con il chiaro intento di promuovere un’idea di accoglienza e rispetto di ogni diversità, non propone né modelli né soluzioni, racconta una storia non comune che può dire molto a tanti ragazzi, ma anche a tanti genitori.

La speranza, a questo punto, dopo essere stato portato a Ravenna, al teatro Rasi nella rassegna dedicata alle scuole, è quella prima o poi di vederlo tornare, magari per portare a teatro assieme famiglie e adolescenti.

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