In un istituto di Ravenna il caso di un ragazzo «che ha pagato fino a duemila euro perché non venisse mostrata una sua foto»
Esistono numeri percentuali per farci un’idea, dottor Bilotto?
«A livello nazionale sono circa il 15/18 percento le persone che nell’arco del proprio percorso scolastico sono state vittime di bullismo, nel Ravennate arriviamo a toccare anche il 20 percento, con grandi differenze in base alle scuole, il fenomeno è senza dubbio più diffuso nei professionali».
Quali sono le età più “a rischio” per i ragazzi?
«Si registrano episodi già alle scuole elementari, ma diciamo che il momento clou è rappresentato dalla scuola media, la seconda e la terza in particolare, e dal passaggio alla prima superiore. Poi, a partire dai 15 o 16 di solito assistiamo maggiormente a fenomeni di cyberbullismo».
Esiste un identikit della vittima?
«Di solito sono i ragazzi più timidi, più sensibili, che magari piangono facilmente, oppure ragazzi che hanno caratteristiche come disabilità, sovrappeso, difficoltà di linguaggio perché magari sono stranieri, o hanno idee personali diverse da quelle degli altri. Anche l’orientamento sessuale può essere un fattore discriminante, per quanto sia stato poco presente nei questionari che ho somministrato a livello locale».
E qual è il profilo del bullo?
«Si tratta spesso di ragazzi impulsivi, forti, che a volte hanno molta rabbia e aggressività. Sono spesso più grandi fisicamente, magari sono ripetenti e vivono in condizioni difficili dove loro stessi hanno subito situazioni di violenza e bullismo. In qualche modo vogliono cercare un riscatto, sono vittime di questo sistema, in qualche modo non escono da quello schema e rimettono in gioco quello che hanno subito su altri».
Ma non esistono anche i bravi ragazzi di buona famiglia che magari lo fanno per noia?
«Questo è più frequente nei fenomeni di cyberbullismo, dove ci si nasconde spesso dietro l’anonimato. Ecco, in quei casi saltano differenze sociali o di ambiente familiare e culturale, il bullo può essere chiunque. E spesso sono ragazze. Il 65 percento delle vittime di cyberbullismo sono ragazze vittime di altre ragazze che magari agiscono per invidia».
Tra i casi più gravi che le è capitato di vedere di recente a Ravenna?
«Direi un ricatto: a un ragazzo veniva chiesto di pagare per non mostrare una sua foto. Dieci, venti euro alla volta, si è arrivati a duemila euro. E nessuno dei compagni, che pure sapeva, ha parlato perché temeva di essere preso a sua volta di mira. Questo è un meccanismo molto frequente».
Che danni subisce una vittima di bullismo?
«Ho collaborato negli ultimi anni con il Centro di Salute mentale e psichiatria e ho visto bene i danni anche sul lungo termine. C’è chi abbandona la scuola, chi soffre di attacchi d’ansia, attacchi di panico o di depressione. Situazioni che con il tempo possono peggiorare. E come purtroppo sappiamo non sono mancati casi di suicidio (nessun caso noto tuttavia nel Ravennate, ndr)».
Chi dunque è o è stato vittima di bullismo dovrebbe seguire una terapia? E i bulli medesimi?
«Sono contrario in linea di massia alla farmacoterapia, mentre una psicoterapia ad esempio di tipo sistemica può sicuramente essere utile e in taluni casi necessaria».
Che cosa potrebbe o dovrebbe fare la scuola?
«Quello che vedo è che dove ci sono regole più rigide e una sorveglianza più rigorosa, questi episodi sono più rari. A volte mi pare invece di vedere addirittura docenti intimoriti dagli studenti e incapaci di far valere le regole».
E le famiglie?
«Certo, resta fondamentale la prevenzione, per questo sono sempre disponibile a incontri anche fuori delle scuole perché è importante che i ragazzi siano seguiti e ricevano una formazione anche sull’uso della rete e dei social».
Parliamo sempre di scuola, ma quanto possono essere pericolosi gli ambienti sportivi, il cosiddetto “spogliatoio”?
«Lo spogliatoio può essere pericoloso perchè c’è meno vigilanza da parte degli insegnanti e degli adulti, è forse il luogo più a rischio».