Il progettista: «In due anni e con 300mila euro: così rinasce la nave di Teodorico»

L’ex direttore dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma interviene sul caso del relitto recuperato a Ravenna e “dimenticato” in un magazzino a Comacchio

Nave Originale«Mi piacerebbe completare personalmente un progetto che è unico al mondo». Ce lo dice chiaro e tondo al telefono, Costantino Meucci, ex direttore dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma, progettista all’epoca sia del recupero che del trattamento di consolidamento della nave romana di Teodorico, il relitto ritrovato durante gli scavi del parco al Mausoleo di Ravenna a fine anni novanta, secondo gli esperti tra le più antiche testimonianze dei cambiamenti nella metodologia di costruzione navale. Ci ha contattato dopo il nostro articolo di un paio di settimana fe, confermando a grandi linee la recente storia della nave, di fatto dimenticata («e la Soprintendenza se ne è lavata le mani», dice) in un magazzino di Comacchio dalla fine del 2007, quando venne concluso l’intervento di cosiddetto “consolidamento”.

Oggi Comacchio non può più ospitarla e urgono soluzioni alternative. «Si tratta di un progetto di recupero che non ha eguali al mondo, non essendo stata smontata la nave – continua Meucci –, ma che deve essere completato con il restauro vero e proprio e la successiva valorizzazione della nave». Un lavoro per cui Meucci (ora in pensione dall’Istituto del Restauro ma ancora al lavoro su diversi progetti e con collaborazioni anche con l’Unesco) si autocandida, in una mail inviata anche al sindaco Michele de Pascale, per fornire supporto tecnico e conoscitivo «nel rispetto dei tanti anni di lavoro (l’intervento di consolidamento è durato circa cinque anni, ndr) e dell’impegno dei tanti operatori che hanno partecipato ai lavori». In ogni caso, assicura Meucci, «le procedure da seguire sono dettate già dal progetto a suo tempo studiato e in parte realizzato e vanno eseguite nel locale destinato anche all’esposizione della nave». Con tanto di complicazioni logistiche legate alla dimensioni (circa 7 metri di lunghezza) e al peso (alcune tonnellate) della nave, attualmente chiusa in una sorta di cappotto in vetroresina realizzato per impregnare il legno con il Peg, liquido utilizzato come consolidante. «Le perdite, anche importanti, che si sono verificate in questi anni – commenta ancora Meucci – sono in qulche modo fisiologiche e non hanno rovinato la nave. Ora il restauro prevede due fasi: una prima di essicazione lenta, levando il solo guscio superiore; poi si potrà cominciare a smontare per settori il guscio esterno, cominciando a mettere in funzione le strutture di esposizione (ecco perché il luogo deve essere lo stesso). Un’operazione che può durare al massimo due anni per un investimento non così esoso come ha scritto qualcuno, parlando di milioni di euro, e che invece non supera i 300mila euro, compresa la struttura espositiva».

Sul tema è stata anche depositata un’interpellanza in consiglio comunale, a firma di Daniele Perini di Ama Ravenna (della maggioranza di centrosinistra) che chiede al sindaco di attivarsi per trovare una soluzione insieme a fondazione Ravennantica e Soprintendenza.

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