L’antica nave romana scoperta a Ravenna e “dimenticata” in un magazzino a Comacchio

Ritrovata nel 1998 negli scavi al parco Teodorico, risale a 1.600 anni fa. Ora dovrà tornare in città, ma non ci sono finanziamenti per il restauro e luoghi disponibili al momento. E la Soprintendenza preferisce non parlarne…

Nave Originale

Il relitto della nave durante lo scavo

C’è una nave romana ritrovata durante gli scavi per la realizzazione del Parco di Teodorico di Ravenna che da vent’anni è in un magazzino di Comacchio chiuso al pubblico. È la storia della cosiddetta nave di Teodorico, un relitto di oltre sei metri e quasi tre di larghezza risalente al V secolo che, secondo gli studiosi, sarebbe la più antica testimonianza del processo di cambiamento intervenuto nella metodologia di costruzione navale, da quella “su fasciame” a quella “su scheletro”, poi utilizzata dall’epoca medievale ai giorni nostri. «È una barca a scheletro portante dove il fasciame è ancora parzialmente collegato con mortase e tenoni – spiegava Stefano Medas, l’archeologo navale che l’ha studiata, in un’intervista a La Repubblica del 2000 –. La tecnica antica serviva solo come guida per la posa delle tavole del fasciame, che avevano però già perduto la loro funzione portante. Tracce del cambiamento si hanno nel IV secolo, ma solo con questa barca ravennate si ha la prova che il maestro d’ascia ha lavorato sulla base di una concezione nuova».

Nave Comacchio

Una parte della nave come è al momento custodita a Comacchio

Il relitto della nave è stato individuato in occasione dei lavori di scavo per un impianto di drenaggio a una profondità di circa 6 metri, nel dicembre del 1998 e successivamente portata a Comacchio, dove già c’era un laboratorio dedicato, in un padiglione del Museo di Palazzo Bellini, dove è tuttora ospite insieme alla “Fortuna Maris”, la nave romana di età imperiale, destinata ai trasporti commerciali fluvio-marittimi, venuta alla luce durante i lavori di scavo in un canale di scolo a Valle Ponti, nei pressi di Comacchio, negli anni ottanta.

Stando alle testimonianze da noi raccolte da più parti – dallo stesso Comune di Comacchio a funzionari della Soprintendenza non più operativi sul territorio – la nave di Teodorico è stata sottoposta a un trattamento di consolidamento terminato già da diversi anni: è stata impregnata con il Peg, un liquido utilizzato come consolidante per reperti lignei archeologici ritrovati sott’acqua, e poi chiusa in una sorta di guscio in vetroresina. Un cappotto che dovrebbe averla protetta in tutti questi anni (anche se c’è chi contesta questa scelta e teme che ci siano state perdite pericolose in passato), in attesa di un restauro vero e proprio.

Al momento però, l’unica certezza è che a essere restaurata sarà la “Fortuna Maris” di Comacchio (grande quasi il triplo di quella ravennate), per cui è stato stanziato dal ministero mezzo milione di euro, a cui va aggiunto l’impegno del Comune a musealizzarla in loco. Ecco quindi che non c’è più posto, a Comacchio, per la nave di Teodorico, che dovrà tornare a Ravenna. Servono però finanziamenti per un progetto di restauro e valorizzazione, e ancor prima un luogo dove poter ospitarla, anche provvisoriamente.

Sul tema il Soprintendente Giorgio Cozzolino e il funzionario archeologico di Ravenna Massimo Sericola non hanno voluto rispondere alle nostre domande sui progetti futuri, preferendo rilasciarci una dichiarazione che conferma semplicemente i fatti. «Avendo il Comune di Comacchio necessità di utilizzare gli spazi al momento adibiti alla conservazione e restauro della nave – spiega Sericola – chiede che questa venga trasferita in altro luogo. Al momento la Soprintendenza sta valutando l’individuazione di un luogo adatto alla prosecuzione delle operazioni di conservazione, per attuare successivamente il trasferimento del reperto».

Valutazione che avverrà anche con il coinvolgimento di Comune e Fondazione Ravennantica, che in passato si era già detta formalmente disponibile a ospitare la nave nel nuovo museo di Classe, ipotesi poi tramontata per i costi legati al suo restauro e anche a problematiche logistiche, essendo al momento ancorata a una base di ferro che la fa pesare alcune tonnellate. «Noi siamo disponibili a sederci a un tavolo – ci dice il direttore di Ravennantica Sergio Fioravanti – mettendo a disposizione locali e ambienti: ci possono essere diverse possibilità. Certo non possiamo accollarci i costi del restauro, a carico dell’ente preposto alla tutela e la valorizzazione (la Soprintendenza, ndr), ma non sappiamo neppure a quanto possa ammontare l’investimento necessario (c’è chi parla di milioni di euro, ndr), prima di tutto bisognerebbe fare una perizia. Noi comunque, lo ribadisco, saremo pronti a collaborare, se ce ne fosse bisogno».

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