«Psoriasi? Non è la malattia dei sani. A Ravenna un punto d’eccellenza per la cura»

Un convegno in Classense sulle nuove terapie. Ne parliamo con  i medici Antonio Ascari Raccagni e Michela Tabanelli

Fotomedici

Malattia della pelle antica e diffusa, che si manifesta con chiazze e desquamazioni più o meno estese e pruriginose, la psoriasi si porta dietro un bagaglio di pregiudizi che solo di recente la scienza sta smontando ed è oggetto di continue ricerche da parte delle case farmaceutiche per mettere a punto molecole in grado di combattere le forme più severe. Di tutto questo si parlerà a Ravenna in un convegno, il 14 aprile (dalle 9.30), organizzato dalla Dermatologia di Ravenna e che coinvolge l’intera Ausl Romagna, con il patrocinio anche del Comune di Ravenna, dell’Ordine dei Medici e della Fondazione Natalino Corazza per la cura dei pazienti psoriasici, nella Sala Dantesca della Biblioteca Classense di Ravenna.

Presidenti del congresso sono Antonio Ascari Raccagni, direttore facente funzioni di Dermatologia, e Michela Tabanelli, medico che si occupa nello specifico della somministrazione dei farmaci di nuova generazione per la psoriasi, i cosiddetti “biologici”, a Ravenna. Ma perché un convegno proprio su questo tema? Una parte della risposta è nell’introduzione al programma della giornata: si stima che in provincia le persone affette da questo disturbo siano 11mila e di queste un 10 percento soffre di forme moderate-severe mentre un 30 percento può avere associata un’artropatia psoriasica.

«Quando ero all’università io – racconta Raccagni – era considerata una malattia benigna, si pensava anzi che i malati di psoriasi potessero avere un’aspettativa di vita più lunga. Oggi sappiamo che non è affatto così, la psoriasi non è “la malattia dei sani” ma è spesso correlata ad altre patologie importanti, per esempio aggrava la condizione dei diabetici. Per questo è importante garantire cure a tutti, le richieste sono sempre più numerose anche perché oggi, per fortuna, si curano anche persone che in passato invece la trascuravano». Le cure “tradizionali” sono quelle topiche che però nei casi moderati e severi non funzionano. A quel punto i pazienti che nel nostro territorio si possono rivolgere a Lugo, Faenza e Ravenna vengono sottoposti a tre tipologie di terapie tradizionali sistemiche: fototerapia, metotrexate e ciclosporina (questi ultimi due farmaci alternati per evitare i pesanti effetti collaterali, 400 circa i pazienti in provincia). Qualora tuttavia questi metodi non abbiano esiti, si passa appunto ai cosiddetti farmaci biologici. Un centinaio le persone in provincia che ne fanno uso, prescritti dalla dottoressa Tabanelli anche perché, dice Raccagni «è giusto che se ne occupino i medici più giovani».

«Qui – ci spiega Tabanelli– li utilizziamo tutti, compresi quelli cosiddetti biosimilari (in pratica sono farmaci che utilizzano molecole di cui è scaduto il brevetto, ndr) che hanno costi molto inferiori, perché esiste anche un tema di farmacoeconomia, ma naturalmente, qualora non si ottengano i risultati sperati, possiamo ricorrere alla gamma degli altri biologici, su cui la ricerca è continua». Poter risparmiare consente di poter curare più persone: il pubblico oggi infatti garantisce gratuitamente le terapie, che possono costare da qualche centinaio a migliaia di euro al mese. Non a caso, dunque, l’uso dei più economici biosimilari è al momento oggetto di studio a livello internazionale, tanto che l’esperienza e i dati raccolti a Ravenna sono stati citati in uno  studio del British Journal of Derrmatology, tra le testate più importanti sul tema. E così se ancora sono incerte le cause scatenanti di questa malattia cronica che colpisce uomini e donne di qualsiasi età, che può aggravare altre patologie, che può portare il paziente all’isolamento sociale e a sviluppare disturbi di matrice psicologica, si hanno nuove possibilità di cura che, scopo del convegno, è necessario far conoscere anche a medici curanti e sul territorio. «L’idea che vorremmo lanciare – dice ancora Tabanelli – è quella di una rete integrata e paritaria dentro l’Ausl Romagna per creare un approccio condiviso del paziente psoriasico». Ma è Raccagni, nel ruolo di direttore, che rivela anche un altro scopo, di questo convegno: «Vogliamo anche far capire che nel reparto di dermatologia di Ravenna, ottimizzando le poche risorse (i medici, per esempio, sono solo 7, ndr) lavoriamo per il bene dei pazienti e facciamo un lavoro importante, con molti punti di forza, anche se non sempre sembra che tutti  in città ne siano consapevoli».

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