«Troppe immagini carine: il murales deve essere controverso (e illegale)»

Parla Dissenso Cognitivo, al lavoro anche in Russia: «A Ravenna purtroppo sempre meno continuano a dipingere. In centro mi piacerebbe qualcosa di “orrendo” in piazza Unità d’Italia»

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Dissenso Cognitivo al lavoro sul murales realizzato in viale Randi, ben visibile dalla rotonda del tribunale

Contattiamo via mail Dissenso Cognitivo, nome d’arte di quello che è probabilmente al momento il più noto street artist di Ravenna, le cui opere sono ben visibili in particolare nel quartiere Darsena.

Perché, innanzitutto, mantenere l’anonimato?
«La creazione di uno o più alias è qualcosa che identifica l’artista e il suo modo di agire. L’anonimato serve per evitare grane con la legge, ma anche per distogliere l’attenzione dalla figura dell’artista e concentrarsi su quello che produce. Anche se qualcuno conosce la mia vera identità, non voglio che ci sia un volto associato alle mie opere. In ogni caso, DissensoCognitivo non è Banksy…».

E quante grane hai avuto con la legge?
«Ci sono state molte occasioni di incontro/scontro con le forze dell’ordine, concluse senza troppi problemi o con fughe tattiche. In generale, la soluzione più semplice per evitare guai rimane sempre non farsi beccare».

Quando hai scritto per la prima volta su un muro?
«La prima volta in assoluto è stata una notte di fine anni novanta. Insieme a un gruppetto di amici riuscimmo a introdurci in un cantiere e impadronirci di alcuni spray da edilizia lasciati in giro dagli operai. Devastammo i muri esterni e interni di una casa in costruzione con messaggi d’amore, parolacce e altre boiate del genere. Quando arrivò il mio turno di usare le bombolette, provai a disegnare un volto ma ovviamente fu un disastro e cercai di rimediare aggiungendo corna e altri attributi satanici. Dopo quella volta, sono trascorsi 14 anni prima che prendessi ancora in mano una bomboletta».

Come è diventato un progetto strutturato e quante opere stimi di avere lasciato sui muri?
«Quando è iniziato il progetto DissensoCognitivo, nel 2012, non c’era un’idea chiara o una meta ma solo la voglia di dipingere sui muri. Questa spinta cieca e un po’ ossessiva è la forza che ha spinto generazioni di artisti a scatenarsi su muri, treni, fabbriche abbandonate… Con il tempo, e affinando le proprie capacità, la complessità delle opere dipinte in strada è aumentata, rendendole più strutturate e incisive. Non tengo il conto dei lavori lasciati su muro, la strada è un’entità in continua evoluzione. Proprio in questi giorni, cinque opere su ruggine (di inestimabile valore!) a Ravenna sono state distrutte da qualcuno che si firma “Pace”. Non c’è molto da dire, quest’arte è effimera. Anzi, “Pace” è ormai diventato uno street artist, che lo voglia oppure no».

Cosa ne pensi di questa sorta di istituzionalizzazione della street art di questi ultimi anni? Non dovrebbe ancora essere anche un’arte illegale?
«Il 90 percento delle opere firmate Dissenso Cognitivo è illegale, o comunque non commissionato. Questo significa avere coscienza dei propri interventi, del rischio che si corre e delle possibili conseguenze. I motivi che portano un artista in strada sono tanti e diversi per ognuno. Nel 2018 le occasioni per dipingere murales legali e istituzionali sono tante. Purtroppo la cosiddetta “riqualificazione tramite street art” ha imposto una direzione sbagliata a questa corrente, privilegiando grandi facciate dipinte con immagini carine e confortanti. Nel frattempo, la scarsa conoscenza in materia da parte di alcuni improvvisati addetti ai lavori ha acceso i riflettori su alcuni artisti sopravvalutati, lasciando in ombra quelli validi o emergenti. Non dobbiamo dimenticare che spesso un muro dipinto è un prodotto artistico, quindi forte e controverso e non può essere semplice abbellimento. È molto importante mantenere i contatti con l’aspetto spontaneo e illegale dell’arte di strada, altrimenti si rischia di perdere la parte più vitale e interessante di questa corrente».

Come sta la street art a Ravenna?
«Ravenna ha poche persone che continuano a dipingere in strada, si contano sulle dita di una mano. Spero che i giovani artisti riescano a imprimere nuova forza alla scena locale, sia lavorando in modo artistico con commissioni e altri eventi, ma anche e soprattutto in modo spontaneo interagendo senza autorizzazioni con l’ambiente urbano: graffiti, disegni, installazioni temporanee, poster, sticker».

Dove ti piacerebbe intervenire se ne avessi la possibilità, nella tua città, magari in centro storico?
«Non ho interesse nel dipingere in centro, preferisco le periferie. L’unica parete che mi ispira in centro è quella colorata in giallo in Piazza unità d’Italia: credo che un orrendo ammasso urticante, dipinto in vari toni di nero, starebbe benissimo in quell’angolo di Ravenna. Purtroppo (o per fortuna) quasi tutte le mie attività future sono in città lontane da qui».

Tra l’altro, sei appena stato in Russia…
«In aprile sono stato invitato a dipingere al Sam di San Pietroburgo: un enorme spazio industriale convertito in area espositiva, con mostre indoor e grandi superfici dipinte all’esterno. È stato interessante vedere come al Sam, oltre ai grandi nomi, ci sia stata considerazione anche per artisti meno conosciuti e che l’obbiettivo fosse la produzione artistica e non l’esposizione mediatica».

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