Barbara Calzolari insegna questa tecnica fatta, ci dice, «di molti anni di studio, disciplina, regole». Al Bronson Café presenta il suo manuale
Nell’epoca del digitale e delle mail, c’è ancora chi si applica alla calligrafia, quella bella scrittura a mano dai nobili trascorsi che, pur se esclusa dal Vasari dall’elenco delle arti maggiori, continua ad affascinare tanti.
Se ne parlerà il 18 ottobre al Bronson Café di Madonna dell’Albero con Barbara Calzolari e Alessandro Salice alle 21 in un incontro moderato da Francesco Farabegoli dal titolo “Corsivo in calligrafia – dagli stili classici ai nostri giorni”.
Calzolari presenterà il secondo manuale uscito per Giunti, dopo le sei edizioni del primo volume e non mancherà di trascinare il pubblico in un racconto appassionato di ciò che è per lei, che di questa scrittura vive. «Purtroppo per tanti è un hobby che implica poche ore di studio e risultati più che mediocri, penso a tanti wedding planner, per esempio. Ma la calligrafia è in realtà una tecnica che richiede, così come la danza o la musica, anni di pratica prima di poter trovare la propria voce e poter interpretare le lettere. Non mi piace tutto ciò che è “pretty” o “cute”, la calligrafia è innanzitutto studio».
Tutto per lei è cominciato, ci racconta, oltre vent’anni fa, durante lunghi viaggi in aereo, quando lavorava per grandi gruppi internazionali della moda e non solo, in cui ricopiava poesie sui quaderni. E cominciò a chiedersi come scrivessero davvero quegli autori così diversi per storia, formazione, epoca in cui erano vissuti. Da allora, Calzolari si è specializzata in particolare nello stile corsivo inglese, ci spiega. Quello che si è sviluppato dopo la scoperta dell’America e l’arrivo della piuma di tacchino che è andata a sostituire quella d’oca, più fragile e quindi con la punta più grossa.