La Regione ha approvato il piano faunistico regionale che mette insieme tutte e nove i piani provinciali. Il piano ha tagliato il traguardo dopo un’istruttoria tecnico-amministrativa durata un paio d’anni e una consultazione con tutte le categorie interessate: cacciatori, agricoltori e ambientalisti. Tra gli obiettivi prioritari la tutela della biodiversità di tutte le specie, insieme alla salvaguardia delle attività agricole e alla riduzione del rischio per la circolazione sulle strade per l’eccessiva presenza della fauna selvatica sul territorio.
Tra i temi che interessano il territorio, e in particolare le colline faentine, il controllo della popolazione del cinghiale. «La questione dei danni all’agricoltura causati dagli ungulati, cinghiale in testa- ha spiegato l’assessore Simona Caselli- sta diventando per le aziende agricole una questione di vita o di morte soprattutto nelle zone di montagna, dove la prosecuzione della loro attività è fondamentale per evitare lo spopolamento e per la difesa dell’assetto idrogeologico del territorio. Per questo attraverso il piano faunistico interveniamo con una ‘stretta’ sulla gestione del cinghiale, in particolare con un abbassamento della soglia di danno superata la quale scatterà l’obbligo di intervento con i piani di abbattimento contro l’eccessiva proliferazione della specie».
Altro aspetto critico il numero crescente di incidenti sulle strade provocati dalla proliferazione della fauna selvatica. «In questa materia- ha insistito l’assessore- anche se la Regione non ha competenze dirette, stiamo studiando nuove modalità per tenere lontani gli animali dalle strade, compresa una app che stiamo sperimentando e che ci permette di raccogliere dati utili. Resta comunque fondamentale lavorare insieme alle Province per trovare le migliori soluzioni”
Infine, la presenza del lupo nelle zone di collina e montagna: «Premesso che, è bene sottolinearlo ancora una volta, la caccia sui valichi è proibita, noi- ha concluso Caselli- non siamo tra le Regioni che hanno chiesto di consentire di sparargli. In Emilia-Romagna facciamo prevenzione anche attraverso tecnici incaricati di andare sul posto e suggerire i più idonei sistemi di protezione degli allevamenti. Dove abbiamo utilizzato questo sistema la predazione non si è ripresentata: occorre quindi informare di più gli agricoltori. Non ci sono soluzioni facili, occorre ascoltare i tecnici e rispettare le regole. Con questo Piano ci mettiamo nella parte più avanzata del Paese».