Max Fabbri nel 2015 ha lasciato il lavoro da pizzaiolo fatto per 27 anni e ha preso la guida dell’azienda avviata dal padre a Borgo Tuliero: 150 casette (ognuna contiene fino a 120mila api). Tutto iniziò con il nonno nel dopoguerra per avere miele in tavola al posto dello zucchero che costava troppo
Si chiama apicoltura nomade: «Seguiamo le fioriture delle piante. Abbiamo delle postazioni già individuate in accordo con i proprietari dei terreni e in base all’andamento delle annate facciamo gli spostamenti al momento più opportuno. Per questo non si può fare programmazione con molto anticipo perché dipende dall’andamento del clima e della natura. Di solito gli spostamenti si fanno ogni 3-4 giorni. Si fa di notte perché tutte le api sono rientrate altrimenti se lo fai di giorno perdi le bottinatrici che vanno a raccogliere il cibo».
Fabbri ha fatto il pizzaiolo per ventisette anni. Poi quel mestiere ha cominciato a non dargli più le soddisfazioni di un tempo e nel 2015 si è messo a fare apicoltura. Ma non è partito da zero. In famiglia le api sono una presenza da tre generazioni: «Cominciò mio nonno nel dopoguerra con 4 famiglie di api che servivano per l’autoconsumo casalingo perché lo zucchero era costoso. Poi negli anni ’80 mio babbo l’ha vista come una fonte di reddito e ha cominciato ad avere un approccio più professionistico arrivando a un centinaio di arnie». Oggi Max ne ha circa 150: ora che sono in piena produzione si contano fino a 120-150mila insetti per ogni alveare e 70-80mila larve in vari stadi. Tutta la produzione è fatta in modo artigianale e viene venduta al dettaglio: «Tutto fatto a mano, comprese le etichette dei vasetti di cui si occupano i miei figli di 13 e 8 anni. Vendiamo soprattutto al mercato di Campagna Amica di Coldiretti a Ravenna e nei mercatini vari».
I ricordi del passato confrontati con l’attualità mostrano quanto è cambiato questo lavoro e quindi quanto è cambiato il clima che è il primo fattore che incide sulla produzione di miele: «Ai tempi di mio nonno ogni arnia in un anno produceva da 30 a 80 kg di miele. Oggi se arriviamo a 30 è un successo. Gli ultimi tre anni sono stati disastrosi, la media è stata attorno a 20 kg».
Le ragioni sono molteplici: «La siccità è un problema perché le api hanno bisogno di acqua. E poi nei campi sono sparite le erbe spontanee, quelle che chiamiamo “erbacce”: non servono all’agricoltura ma sono preziose produzioni di nettare. Infatti una volta erano più produttivi gli alveari in pianura, oggi invece quelli in collina e montagna perché le coltivazioni sono meno intensive. L’apicoltura è bella per questo, perché non c’è nulla di matematico ma è tutto legato alla natura e bisogna saperla osservare».
Fabbri sarà questa sera, venerdì 17 giugno, dalle 18.30 al mercato coperto di Campagna Amica a Ravenna (piazzetta dei Carabinieri, all’angolo tra via Bovini e via Canalazzo) in occasione degli agri-aperitivi e proporrà “Storie di api per bimbi curiosi”: un agrilaboratorio per bimbi dai 3 ai 14 anni per scoprire tutti i segreti delle api attraverso profumi, colori, storie, curiosità e giochi. I bimbi potranno mettere all’opera i cinque sensi ammirando la smielatura in diretta e, ovviamente, assaggiando il miele.