In regione vengono abbattute 65mila nutrie all’anno. Ma non basta…

Gli argini dei fiumi sono a rischio crollo per colpa delle loro tane. Il piano della Regione

NutriaCon la riforma delle Province del 2016, la competenza per la gestione della fauna selvatica è passata alle Regioni. A meno che non si tratti di aree protette e allora spetta agli enti dei parchi. Nella pineta di Classe, ad esempio, il 90 percento del nucleo di daini di cui si parla in queste settimane è su superficie del Parco del Delta del Po, che sta cercando di eradicarli.

Nel 2018 l’Emilia-Romagna ha adottato il suo primo piano faunistico, un documento che discende dalle indicazioni nazionali dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale sottoposto alla vigilanza del ministero della Transizione ecologica. Il piano faunistico a sua volta è il fondamento per tutte le disposizioni che vengono adottate nelle varie province dai diversi soggetti, come ad esempio il calendario venatorio.

Due sono le modalità lecite per l’abbattimento di animali selvatici: i piani di prelievo in caccia che inquadrano la possibilità di svolgere attività venatoria a scopo ricreativo e i piani di controllo che rispondono alla necessità di ridurre la densità di alcune specie impattanti sulla biodiversità o sulle attività produttive dell’uomo. La caccia è aperta per chi ha la licenza, il porto d’armi e paga la tassa richiesta. Per alcune specie, ad esempio lepri e fagiani, la Regione stabilisce un numero massimo di abbattimenti per salvaguardarne la sopravvivenza.

Per altre specie che sono tornate di recente dopo essere scomparse dal territorio – ad esempio cinghiali, caprioli, lupi e cervi che in alcuni casi come il cinghiale sono stati immessi a scopo venatorio – si ragiona in termini di “densità obiettivo”: ogni primavera si fa un conteggio di quanti esemplari sono presenti, si decide la densità per kmq e la differenza tra i due valori diventa il numero prelevabile in caccia.

I piani di controllo invece riguardano le specie che incidono sull’ecosistema. Ad esempio cinghiali, corvi, cornacchie, gazze, ghiandaie, cormorani, volpi e nutrie. Ogni cinque anni la Regione elabora il piano e la sua attuazione compete alle polizie provinciali con la collaborazione di persone che non agiscono in veste di cacciatori.

Il caso più noto e più comune è sicuramente quello della nutria. Le linee guide nazionali prevedono la sua eradicazione anche per ragioni di sicurezza idraulica visto che le tane negli argini dei fiumi mettono a rischio la loro tenuta. In media ne vengono abbattute 65mila all’anno in regione ma non è un numero sufficiente per contrastare la rapida riproduttività. L’anno scorso l’Emilia-Romagna ha stanziato 500mila euro.

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