
«Credo che tutti i professori dovrebbero insegnare per almeno un anno in un istituto professionale». A dirlo è la nuova dirigente scolastica dell’Olivetti-Callegari di Ravenna, Antonia Sallustio, con alle spalle 30 anni di insegnamento, la maggior parte proprio nei professionali, stanca dei pregiudizi che pesano su quella che viene spesso considerata come una Cenerentola tra le scuole superiori.
«Ho sempre amato insegnare in questi contesti: i ragazzi sono sempre gli stessi, alle prese con problematiche legate all’adolescenza, ma qui la composizione è realmente eterogenea e hai a che fare anche con una provenienza socio-culturale svantaggiata, con famiglie non sempre presenti. Ma anche con tanta, tanta umanità. Qui si lavora davvero sul piano relazionale e motivazionale».
Gli istituti professionali sono stati coinvolti da tre riforme nel giro di una decina d’anni, volte in particolare ad abbassare il tasso di dispersione, solitamente molto più alto rispetto alla media delle altre scuole. «Ora ci concentriamo in particolare nel biennio, per fare in modo che la bocciatura sia l’extrema ratio. Il primo anno è quasi come fosse un primo quadrimestre. In ogni classe ci sono diversi tutor che hanno un ruolo simile a quello di un allenatore di calcio: devono motivare e stimolare gli studenti, relazionarsi con le famiglie. Ogni ragazzo poi, qui ha un proprio progetto formativo individualizzato, un proprio percorso che lo accompagna per cinque anni, in modo da rimodulare le ore sulla base delle proprie carenze e delle proprie aspettative. Le riforme hanno anche aumentato le ore di laboratorio nei nostri istituti, che diventano così come una sorta di laboratorio permanente di formazione, molto vicino al mondo del lavoro, con i progetti di alternanza che partono già dal secondo anno. Tutto questo – continua la preside – ha avuto sicuramente effetti positivi».
A pesare in un ambiente così inclusivo – come sottolinea la dirigente – è però anche l’aspetto comportamentale. «Di fronte a molte note e provvedimenti di sospensione, ci siamo chiesti come poter incidere – continua Sallustio – e abbiamo deciso di puntare sulla formazione anche dei docenti, su sportelli di ascolto, su convenzioni con enti esterni. Abbiamo per esempio stretto accordi con il Comune e la Casa delle Culture per gli studenti stranieri, utilizzando mediatrici linguistiche, così come con la Caritas, sulla scia di quanto detto dal ministro Valditara sui lavori socialmente utili per i “bulli”. Quando i ragazzi del nostro istituto vengono sospesi, se c’è il consenso della famiglia, ora intraprendono un percorso di supporto alla Caritas. In alternativa predisponiamo progetti scolastici su temi di educazione civica, per far capire loro dove hanno sbagliato».
E gli smartphone? «Stiamo cercando di porre un freno, perché altrimenti è complicato ridurne l’utilizzo: in alcune classi in seguito a provvedimenti disciplinari vengono consegnati direttamente all’ingresso, in una cassetta portavalori. Ora stiamo procedendo con la modifica in questo senso del regolamento d’istituto, per estendere la prassi in tutte le classi».
Per frenare la vivacità dei ragazzi, in particolare nel biennio, la dirigente ha introdotto anche laboratori di teatro. «Proprio adesso c’è un’attrice in aula magna che lavora sull’emotività…». E da gennaio ne partiranno altri, dedicati anche alla danza, alla scrittura creativa, allo sport.
Perché scegliere un professionale? A chi si rivolte il Callegari-Olivetti? «Purtroppo spesso in fase di orientamento non veniamo presi in considerazione, ma in questo periodo sono subissata di richieste di famiglie che hanno iscritto i loro figli al liceo o in un istituto tecnico e vogliono venire al professionale, dopo le prime difficoltà. Io cerco di accogliere tutti, ma non è semplice e non è questo il percorso giusto. La nostra è una scuola completa a cui guardare dopo le medie, con due indirizzi (manutenzione e servizi commerciali, ndr) che svariano dal turismo all’amministrazione condominiale, in grado di formare figure professionali di cui c’è necessità sul territorio. I numeri ci dicono che i ragazzi del professionale non hanno problemi a trovare lavoro: il 60 percento dei nostri studenti viene assunto entro un anno dal diploma. La nostra poi – conclude la dirigente – è una scuola davvero inclusiva, dove anche i ragazzi disabili o con problematiche trovano la loro strada e possono sperimentare attività lavorative».
La Callegari-Olivetti è anche tra gli istituti che riceveranno maggiori finanziamenti dal Pnrr. «Ci stiamo riunendo in queste settimane per definire i progetti per cui verranno utilizzati. Verranno seguiti in generale due percorsi, uno per combattere la dispersione scolastica, l’altro sulla transizione digitale e il rinnovo di aule e laboratori. Si tratterà di una più generale modernizzazione degli ambienti scolastici, con laboratori e classi che si dovranno fondere in un ambiente unico, all’insegna delle connessioni digitali».