Gli accumuli di pioggia sulla pianura ravennate nei primi 17 giorni di maggio hanno superato i 200 millimetri (in alcuni punti del Faentino si è arrivati anche a 300), che equivalgono al quadruplo della media dell’intero mese di maggio nell’ultimo trentennio. In alcune zone a duecento metri di altitudine sull’appennino ravennate il dato di accumulo finora è di 450-500 mm, equivalente a circa la metà delle precipitazioni di un intero anno. Negli archivi dell’ultimo secolo non c’è traccia di due eventi come quelli avvenuti l’1-3 e il 15-17 maggio altrettanto ravvicinati.
I dati forniti dal bagnacavallese Pierluigi Randi, meteorologo professionista e presidente dell’Ampro (Associazione meteo professionisti), fotografano la portato di cosa ha vissuto la Romagna: «Con questi numeri era quasi inevitabile che ci fossero conseguenze per il territorio». La problematica vissuta, come noto, è stata dettata dai fiumi che hanno raccolto piene massicce e danneggiato argini: «Ha piovuto molto in collina e questo ha spinto a valle grandi quantità di acqua. Se avesse piovuto così tanto solo in pianura non ci sarebbero stati gli stessi danni». Se si risale al 1939 si trova un maggio molto piovoso che causò una grave alluvione in Romagna anche se le abbondanti precipitazioni furono distribuite in 14-15 giorni, mentre questa volta si sono concentrate in sessanta ore complessive (36 all’inizio di maggio e 24 nei giorni scorsi).
«Abbiamo appena vissuto due eventi ravvicinati senza dubbio estremi – osserva Randi –, che arrivano dopo un altro evento altrettanto estremo ma in senso opposto: quasi un biennio di siccità. I modelli di clima ci dicono che questa alternanza da un estremo all’altro sarà sempre più frequente per i cambiamenti del clima. Non possiamo più evitare che questo accada, possiamo solo fare mitigazione e adattamento. Su questo aspetto si è fatto ancora poco». Potrebbe venire spontaneo pensare che almeno queste piogge abbiano saziato la sete della terra messo una pezza al problema siccità. E invece no: «Sembra un paradosso, ma precipitazioni così intense in finestre di tempo così ridotte hanno una notevole perdita percentuale per dilavamento: agiscono solo negli strati superficiali del terreno e faticano a penetrare in profondità. Se gli stessi 300-400 mm di pioggia fossero arrivati distribuiti in tre mesi allora sì che avremmo una riduzione della siccità. Ora possono bastare un paio di mesi con poca pioggia e torneremo a fare i conti con la siccità».
Le due ondate di maltempo di questo mese hanno una genesi simile: «La depressione sviluppata sul Tirreno meridionale è stata ostacolata da due alte pressioni a Ovest e Est: così è rimasta intrappolata e si è mossa lentamente, in parte è ancora lì, sul versante emiliano-romagnolo. Si tratta di una perturbazione alimentata da un afflusso di aria estremamente umida da sud est, prelevata da Jonio e Nord Africa, e da una massa d’aria calda e molto umida che entra in Emilia con correnti da est».
La perturbazione si muove molto lentamente ma sta dissipando la propria energia. Le previsioni dicono che il peggio è alle spalle: «Ma non ci aspettano giornate di bel tempo come ci servirebbe per consentire i lavori di ripristino.
Purtroppo abbiamo di fronte una situazione instabile. Da venerdì 19 maggio un nuova perturbazione interesserà il nordovest e potremmo avere altre pioggie abbondanti in Romagna».