Nei giorni scorsi ha destato un certo scalpore l’avvistamento della “pericolosa cubomedusa nel porto canale di Ravenna“, per citare titoli di alcuni articoli dal vago sapore allarmistico pubblicati in questi giorni dalla stampa locale.
A fare chiarezza sul tema, tra gli altri, Tiziana Amore del progetto “Diventa biologo per un giorno“, laureata in Scienze Naturali e specializzata in comunicazione ambientale e divulgazione scientifica, nello specifico in ambito marino, che si scaglia contro «titoli fuorvianti che spesso servono solo a creare inutili paure nel lettore».
Si tratta in effetti di una cubomedusa – spiega – ma non certo di quella letale australiana citata in alcuni articoli. Quella avvistata a Ravenna è invece una Cubomedusa mediterranea, il cui nome scientifico è Carybdea marsupialis, una specie tipica appunto del Mediterraneo e in particolare dell’Alto Adriatico.
«C’è sempre stata e per fortuna sempre ci sarà – continua l’esperta -. È vero, pizzica abbastanza e fa maluccio. Per far passare il dolore il modo migliore non è l’aceto come scritto in alcuni articoli, che può creare ulteriori dolori e infiammazioni. Il veleno delle meduse è termolabile: è molto meglio usare acqua calda sulla parte colpita, facendo impacchi. Questa regola vale per tutte le meduse e le tracine».