Forse non molti ravennati sanno che la biblioteca “Alfredo Oriani”, inizialmente intitolata a Benito Mussolini, è la più importante d’Italia nel suo specifico ambito: la storia contemporanea. L’edificio che la ospita dal 1936, costruito da Giulio Ulisse Arata dove un tempo sorgeva Casa Rizzetti, è parte integrante della zona dantesca, perché è a pochi passi dalla tomba del Sommo Poeta. A parlarne è lo storico Alessandro Luparini, direttore dal 2014.
Luparini, c’è dunque di che essere orgogliosi a dirigere questa biblioteca…
«Sì, e dovremmo esserlo tutti… Per questo, a ogni incontro con il pubblico e ogni volta che ne ho la possibilità, invito a riflettere sull’importanza di questo patrimonio cittadino. Non è scontato che la più importante biblioteca di storia contemporanea si trovi a Ravenna, e non a Milano, Roma, Firenze o Torino. A dire il vero c’è la “Caetani” di Roma ma è una biblioteca di storia moderna e contemporanea, quindi qualcosa di diverso ancora».
Può offrire qualche numero per rendere l’idea del patrimonio dell’Oriani?
«Sulla base di dati aggiornati alla prima metà del 2023, a parte il fondo originario, la biblioteca dispone di oltre 130mila documenti fra monografie, periodici e materiali vari. Nello stesso periodo, i prestiti sono stati 3.368. La sua rilevanza nazionale è testimoniata anche dagli alti prestiti interbibliotecari, soprattutto da fuori regione. Questo vuol dire che abbiamo testi che non si trovano altrove».
E il fondo storico originario?
«Questo rappresenta un nostro punto di forza perché è un fondo unico al mondo per la storia del fascismo e fra le due guerre mondiali. Tutti i grandi biografi di Mussolini sono passati da qui per i loro studi. Anche questo è un altro elemento di orgoglio per la città di Ravenna. Il fondo, che apparteneva alla biblioteca mussoliniana, comprende oltre 20mila monografie, più di 8mila opuscoli e oltre 244 periodici».
Qual è la vostra politica di acquisto di nuovi libri?
«Cerchiamo di conciliare la ricerca scientifica, prestando attenzione a volumi che dobbiamo per forza avere per gli specialisti anche a costo di darli in prestito solo una volta ogni tre anni, con l’alta divulgazione ossia con tutti quei libri che – al contrario – vanno spesso in prestito per un pubblico di appassionati di storia contemporanea».
Quanto è importante il rapporto col pubblico?
«Direi che è fondamentale e da parte nostra ce la mettiamo tutta pur con un organico molto ridotto di sole 4 persone, me compreso. Siamo molto attenti a dialogare con i nostri lettori, comunicando tramite newsletter gli acquisti settimanali o allestendo – in un apposito punto informativo – le referenze bibliografiche in occasione di determinate ricorrenze e anniversari, per stimolare la curiosità. Per esempio, in occasione del colpo di Stato in Cile, abbiamo offerto spunti di lettura ricordando i libri sul tema usciti dagli anni Settanta a oggi».
Com’è cambiata la fruizione della storia contemporanea negli ultimi decenni?
«Enormemente. L’altro giorno stavo riordinando le foto di eventi relativi agli anni Settanta e Ottanta, per lo più convegni e presentazioni di libri che ogni volta facevano registrare il pienone nelle sale, attirando anche tanti giovani. Quell’epoca è finita per sempre, il pubblico si è ridotto, probabilmente per la crisi della politica e della rappresentanza, a cui la storia contemporanea è per sua natura sensibile. A meno che non ci sia un nome di grande richiamo, oggi è difficile fare numeri importanti. Però abbiamo comunque uno zoccolo duro di appassionati».
Quali iniziative riuscite comunque a portare avanti, in parallelo all’attività bibliotecaria in senso stretto?
«La biblioteca è un’emanazione della Fondazione Casa Oriani che, da sempre, promuove una serie di iniziative culturali. Anzitutto la pubblicazione di due riviste: “I quaderni del Cardello”, una sorta di house organ incentrato sugli studi locali, e “Memoria e Ricerca”, una delle più importanti a livello europeo da trent’anni a questa parte. Poi, periodicamente, organizziamo seminari, mostre, presentazioni di libri, alternando la ricerca scientifica all’alta divulgazione, e i convegni. Il prossimo appuntamento è per il prossimo 20 ottobre al teatro Rasi, con un convegno incentrato sulla figura di Enrico Mattei».
Poi c’è anche la rassegna “InContemporanea”…
«Sì, la promuoviamo da qualche anno, in collaborazione con il Dipartimento di Beni culturali della città e l’Istituto storico della Resistenza, per invitare la cittadinanza a esplorare le radici del presente. Gli incontri sono sempre molto seguiti dai nostri affezionati. La fluttuazione del pubblico, come detto, dipende molto dalla presenza o meno di nomi di richiamo. Per esempio, quando è stato presentato il primo volume della sagra mussoliniana di Antonio Scurati, allo “ScrittuRa Festival”, avevamo gente fino al tetto».
Tornando alla lettura, quali sono gli autori più letti?
«I primi che mi vengono in mente sono Paolo Mieli e Alessandro Barbero».
Che ruolo hanno oggi questi studiosi?
«A livello personale sono un grande sostenitore della divulgazione, io stesso la faccio a modo mio. Spesso però molti grandi nomi tendono a semplificare e le loro affermazioni vengono prese come oro colato… In tutto questo credo che ci sia una responsabilità dei veri storici che non sanno comunicare con un linguaggio accessibile a tutti. Questo si traduce nel fatto che, nel dibattito politico o giornalistico, la storia contemporanea venga presa poco in considerazione. Non stupisce che spesso si sentano dichiarazioni senza fondamento ma non smentite perché gli storici accademici non vengono coinvolti».
Un’ultima considerazione legata invece all’attualità, alla recente alluvione. Che danni ha riportato il Cardello con il suo parco a Casola Valsenio che appartengono alla Fondazione Oriani?
«La casa museo si è salvata, mentre alcune problematiche sono emerse negli edifici limitrofi come la sala Pifferi molti utilizzata per gli eventi culturali. Per riparare le emergenze la Fondazione ha stanziato una somma importante, ma si confida nell’aiuto della Regione. Per quanto riguarda il parco, invece, c’è ben poco da fare: sembra sia stato bombardato, per la presenza di frane».