«Contro i disturbi alimentari servono formazione ai medici di base e prevenzione»

La dottoressa Daniela Santini è volontaria dell’associazione “Sulle ali delle menti” che supporta genitori e pazienti nel percorso di cura attraverso gruppi di auto-aiuto e laboratori creativi

Sulle Ali Delle Menti

La dottoressa Daniela Santini, medico nutrizionista in pensione, nel 1997 ha contribuito a fondare assieme alla collega Marinella Di Stani (che abbiamo intervistato qui) l’attuale Centro per Disturbi del Comportamento Alimentare (Dca) di Ravenna e attualmente opera come volontaria dell’associazione “Sulle ali delle menti”, formata da persone che hanno sofferto di disturbi e dai loro familiari.

Dottoressa Santini, in che cosa consistono i Dca?

«I disturbi del comportamento alimentare sono disturbi psichiatrici che hanno un importante risvolto sulla salute fisica. Sono disturbi multifattoriali, le cause possono essere genetiche ma anche legate alla personalità o a fattori esterni. Il nucleo fondamentale che li accomuna tutti – anoressia nervosa, bulimia nervosa e binge eating disorder – è un’eccessiva importanza attribuita alle forme e al peso del corpo, con diverse caratteristiche e esiti per ciascuno di essi. È necessario che vengano presi in carico da un’equipe che comprende un medico psichiatra, uno psicologo, un medico nutrizionista e un dietista. Poi ci sono altre figure importanti come l’educatore e lo psicologo per la famiglia».

Un allenamento fisico troppo intenso o una dieta fai da te possono essere fattori di rischio nell’insorgenza dei Dca?

«In generale, sono considerati “ambienti a rischio” tutte quelle attività sportive o artistiche nelle quali il controllo del peso è ritenuto fondamentale. In presenza di fattori predisponenti, l’insorgenza di un Dca è possibile. A tal proposito, è necessario formare gli allenatori affinché non insistano sul problema del peso. Tra i maschi in particolare un disturbo meno noto ma presente è la vigoressia, in cui l’ossessione non si manifesta nei confronti del peso ma della muscolatura. Questo porta a un esercizio fisico intenso ed esagerato in modo pervasivo durante la giornata, all’assunzione di quantità eccessive di proteine o all’adozione di un’alimentazione sregolata fino ad arrivare all’assunzione di integratori ormonali».

Mi parli dell’associazione. Quando è stata fondata e quali sono i suoi obiettivi?

«L’associazione è stata fondata nel 1999 a Parma, mentre a Ravenna, Faenza e Lugo è nata nel 2010. Il suo scopo è quello di aiutare le famiglie o le persone che si trovano all’inizio di questo percorso e che non sanno come muoversi, a chi chiedere aiuto. Adesso la situazione è leggermente cambiata, ma dieci o quindici anni fa le persone non sapevano dove andare e così si perdeva del tempo prezioso. L’associazione ha avuto sin dall’inizio il compito di sensibilizzare la popolazione, far conoscere questo problema e illustrare i vari percorsi possibili».

Di cosa vi occupate nello specifico?

«In primo luogo, organizziamo i gruppi di auto-aiuto per i genitori delle ragazze e dei ragazzi con Dca, che sono condotti da una psicologa dell’associazione e da un genitore che ha avuto una esperienza in famiglia ed è stato formato alla conduzione di questi gruppi. La sua testimonianza motiva e rassicura i genitori con la credibilità di chi è già passato attraverso le stesse difficoltà e ha avuto dei dubbi sull’efficacia del percorso intrapreso. Come riconosciuto dalle linee guida del ministero, infatti, i genitori fanno parte a tutti gli effetti dell’equipe curante perché sono a contatto con la persona sofferente 24 ore su 24. Devono sapere come comportarsi, come non perdere la pazienza e come tutelare la loro salute mentale mentre si impegnano ad assistere il proprio figlio o figlia. Parallelamente, ci anche i corsi organizzati dall’Ausl, che sono basati sul metodo Maudsley e insegnano a genitori, caregiver o insegnanti come aiutare la persona a seguire la cura, a mangiare quello che viene prescritto, a supportarla in ogni aspetto della giornata. Questi però hanno una durata limitata. L’associazione interviene sia in una fase iniziale del percorso, anche tramite il numero verde, sia in una fase successiva, accogliendo al proprio interno i genitori di pazienti che vogliono continuare a mantenersi informati e a sentirsi supportati. C’è poi un gruppo di sostegno per le persone con obesità e disturbo d’abbuffata o alimentazione emotiva, sempre presieduto da una psicologa».

Attualmente siete impegnati nel progetto Creattivamente. Di cosa si tratta?

«La premessa è che durante la pandemia c’è stata un’esplosione di casi di Dca, con un abbassamento importante dell’età di esordio. Questo ha portato a un aumento dei ricoveri in pediatria, con tre o quattro pazienti in reparto quando di solito ce n’è al massimo uno. Le ragazzine allora facevano la didattica a distanza ma avevano lunghissime giornate vuote perché non potevano vedere nessuno; quindi, abbiamo iniziato a organizzare dei laboratori creativi per far passare loro il tempo, impegnandole nella realizzazione di decorazioni natalizie e pasquali e tante altre cose. Ancora oggi, due volontarie si recano ogni venerdì in reparto. Dal momento che l’attività è piaciuta molto, abbiamo deciso di estenderla anche alle pazienti non ricoverate. I laboratori avvengono una volta ogni 15 giorni a Ravenna e tutte le settimane a Faenza. Le ragazze della Pediatria hanno anche seguito un laboratorio di scrittura da cui è risultato un un libretto di racconti molto bello che noi, come associazione, abbiamo aiutato a pubblicare. Qualsiasi tipo di creatività aiuta a liberare la mente e in un momento successivo anche a rielaborare le proprie emozioni e i propri pensieri».

Ci sono altri progetti in cantiere?

«Il 15 marzo, in occasione della Giornata nazionale dei disturbi alimentari, esporremo i lavori dei laboratori nella vetrina in piazza del Popolo vicino all’edicola, assieme alle opere artistiche di due ragazze seguite dall’ambulatorio, una scultura e un dipinto. Inoltre, l’8 marzo a Fusignano e il 30 marzo al Rasi la compagnia Shadre Dance Family metterà in scena uno spettacolo dal titolo “Prima di aprire bocca, non ti vedi” che racconta tre storie di disturbi alimentari».

Di recente si è parlato molto della decisione del governo di tagliare i fondi destinati a curare i Dca, fondi che paiono essere stati parzialmente reintrodotti. Pensa che quello che si sta facendo in Italia per i Dca sia sufficiente? Cosa si potrebbe fare di più?

«Bisognerebbe garantire dappertutto lo stesso livello di cure, e questo purtroppo non succede. Ci sono Ausl che non han- no ambulatori organizzati o competenze adeguate, e le risorse non sono mai abbastanza. Non parlo per Ravenna, perché qui le risorse ci sono: sono stati colmati tutti gli organici degli psicologi, è stato assunto anche un educatore. In generale, però, bisogna fare una formazione massiccia e costante ai medici di base, perché devono essere loro a cogliere i sintomi e a indirizzare subito la diagnosi. Per quel che riguarda la prevenzione, a Ravenna l’Ausl organizza dei progetti di formazione e sensibilizzazione rivolti agli insegnanti scolastici. Parlare direttamente agli adolescenti non serve, pare anzi che sia controproducente. Bisogna prima aiutare gli insegnanti, e i ragazzi di conseguenza, ad avere un pensiero critico e a riflettere su concetti come la corporeità e la bellezza».

Per contattare l’associazione è possibile rivolgersi al 370 3161305 (Filo Diretto) o al 800 604 664 (Numero Verde).
Sito web: www.sullealidellementiravenna.org.

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